BRACCIANO – “Solo ora che il cavallo è in agonia Acea starebbe per mollare la presa. Il livello del lago di Bracciano, oggi a – 186,5 centimetri rispetto allo zero idrometrico, torna a sfiorare il mimino storico di – 187 centimetri registrato il 9 settembre scorso”. L’ennesimo dato allarmante arriva dal Comitato per la Difesa del Bacino Lacuale Bracciano-Martignano.
In attesa di leggere il verbale dell’ultima riunione della Conferenza dei Sindaci di Ato 2 nella quale è stata diffusa una nota della Segreteria Tecnico Operativa che scrive che Acea avrebbe informalmente comunicato “che la captazione dal lago di Bracciano non verrà più riattivata, neppure come compenso stagionale, fermo restando il suo eventuale utilizzo come riserva strategica”, il Comitato per la Difesa del Bacino Lacuale di Bracciano non abbassa la guardia ed anzi chiede che una simile decisione venga immediatamente formalizzata nelle sedi opportune e diffusa pubblicamente.
“Le dichiarazioni Acea non bastano – affermano dal Comitato – Le istituzioni competenti devono imporre lo stop alle captazioni fino a quando il livello del lago di Bracciano non sarà tornato al suo livello di normalità storica. Quanto al processo partecipativo mirato alla costituzione di un comitato promotore per dare via ad un vero e proprio Contratto di Lago, non vorremmo che questo sia uno strumento attraverso il quale il Parco di Bracciano-Martignano e la Regione Lazio possano sottrarsi alle proprie precise responsabilità. A giugno scorso abbiamo inoltrato una formale diffida al Parco di Bracciano-Martignano affinché adottasse un provvedimento a tutela dell’ecosistema protetto del lago, ai sensi dell’art. 164 del Codice dell’Ambiente, dichiarando non captabili le acque del lago”.
Malgrado ripetute sollecitazioni, rilevano dal Comitato, ad oggi ancora non è stato adottato alcun provvedimento al riguardo.
Questa la norma: «Nell’ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali, l’ente gestore dell’area protetta, sentita l’Autorità di bacino, definisce le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate. […] Gli enti gestori di aree protette verificano le captazioni e le derivazioni già assentite all’interno delle aree medesime e richiedono all’autorità competente la modifica delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d’acqua oggetto di captazione, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione».
“Molte le norme che sono state disattese in questa incredibile vicenda – concludono dal Comitato – nella quale un ecosistema protetto a livello regionale ed europeo è stato duramente compromesso, molte le responsabilità a tutti i livelli ancora da accertare”.