“Cervelli in fuga”. La mia vita in Germania, ai tempi del coronavirus

CIVITAVECCHIA – Una nuova puntata con i “Cervelli in fuga”, che torna a raccontare storie di nostri concittadini emigrati all’estero raccogliendo stavolta la testimonianza di Giacomo Viti, medico civitavecchiese trasferitosi in Germania 4 anni fa. Una testimonianza significativa la sua, soprattutto in questo momento di emergenza mondiale da coronavirus.

Giacomo, da quanto tempo ti sei trasferito? Perché hai deciso di lasciare l’Italia e dove vivi attualmente? 

“Ho lasciato l´Italia il 27 settembre 2016, non dimenticherò mai quel giorno… era ancora una giornata semiestiva, soleggiata e stranamente trovai lo stesso clima quando atterrai a Francoforte, dico ‘stranamente’ perché un clima del genere non è del tutto scontato a settembre qui, anzi… Lasciai l´Italia a malincuore perché avevo la sensazione che il mio Paese non potesse soddisfare le mie necessità di formazione post-laurea, vivevo un profondo senso di insoddisfazione dovuto al fatto che mancava la possibilità di una formazione post-laurea che soddisfacesse le mie aspettative. Insomma desideravo qualcosa di più per il mio futuro professionale. Attualmente vivo e lavoro nella Clinica Dermatologica dell´Università di Marburg, da circa due anni, dopo aver accumulato esperienze in medicina interna e cardiologia; infatti il mio primo impiego da medico qui in Germania è stato nella prima Clinica Cardiologica dell´Università di Mainz, nella quale ho lavorato per circa un anno”.

Qual è stata la tua formazione e quali esperienze di studio e lavorative hai accumulato?

“Ho studiato Medicina e Chirurgia alla Sapienza – Policlinico Umberto I. La mia prima esperienza lavorativa è stata quella da medico assistente nella prima Clinica Cardiologica dell´Università di Mainz, uno dei centri cardiologici più rinomati e all´avanguardia in Europa, con le sue due Cliniche Cardiologiche ed un terzo polo che svolge solamente attività di ricerca sulla cardiologia preventiva. E´ stata per me una grandissima esperienza, ho potuto veramente imparare molto e ricordo sempre con piacere i colleghi della clinica come anche la bellissima Mainz, adagiata sulle sponde del Reno”.

Di cosa ti occupi attualmente?

“Da circa due anni sono tornato alla mia vera passione, la dermatologia. Lavoro infatti nella Clinica Dermatologica e Allergologica dell´Università di Marburg. Qui mi divido in diverse branche della dermatologia, ma i miei principali interessi sono gli stessi per i quali la clinica e il nostro team sono rinomati a livello europeo e mondiale ovvero le patologie bollose ed autoimmuni della cute. Sono molto contento di lavorare in questa clinica perché ho la possibilità di acquisire diverse competenze nei vari ambiti della dermatologia ed inoltre ho l’opportunità di svolgere attività di ricerca”.

Conoscevi già la lingua? È stato facile ambientarti oppure la vita tedesca ha cambiato radicalmente le tue abitudini quotidiane?

“Quando sono partito conoscevo solamente le basi della lingua tedesca, ciò significa in parole povere che il mio tedesco non era assolutamente sufficiente per vivere autonomamente in Germania. Ho dovuto spendere i primi mesi unicamente per imparare la lingua. Inizialmente è stato abbastanza difficile ambientarmi, i tedeschi si sono mostrati in generale molto ospitali ed accoglienti, questo mi ha aiutato molto… il problema è che noi ‘Italiani all´estero’ soffriamo sempre del ‘mal di Italia’, ci manca sempre il nostro bel paese, il nostro clima, ed in particolare a noi civitavecchiesi, il nostro bel mare”.

Quali differenze hai riscontrato, a livello di servizi e di qualità della vita, tra l’Italia e la Germania? E a livello lavorativo e contrattuale?

“Per quanto riguarda i servizi e la qualità della vita vi sono purtroppo differenze abissali con l´Italia. La burocrazia in pratica non esiste. Quando mi candidai in Cardiologia a Mainz, sostenni un colloquio e, cinque giorni dopo, firmai il contratto. Una cosa del genere in Italia non esiste. Se poi parliamo dei giovani medici ‘neolaureati’…  é pura fantascienza. Un neolaureato in medicina in Italia rimane uno studente, deve studiare per fare quiz, test, continuare a pagare tasse universitarie e raramente gode di una buona formazione specialistica post-laurea. Conosco colleghi ed amici in Italia che sono molto frustrati per questa situazione. In Germania vieni assunto e da quel momento ti mostrano come operare nelle varie situazioni, ti affiancano un tutor per un breve periodo e dopo devi vedertela da solo: ‘learning by doing’ o come dicono qui ‘jemanden ins kalte Wasser werfen’, che letteralmente significa ‘gettare qualcuno nell´acqua fredda’. Sicuramente all´inizio è dura ma poi impari… ed anche molto!”.

Come vengono percepiti i cittadini italiani in Germania? Resiste ancora lo stereotipo italiano “spaghetti-mafia-mandolino”? E più in generale come vengono percepiti gli stranieri in questo delicato momento storico di migrazioni? Ritieni si stia generando un clima di intolleranza nei confronti del diverso oppure la Germania rimane comunque un Paese accogliente?

“Ritengo la Germania un paese estremamente accogliente ed ospitale nei confronti dello ‘straniero’. Tutti i tedeschi che ho conosciuto sono stati molto aperti ed ospitali nei miei confronti, ho solo buoni ricordi in realtà e non mi sono mai sentito vittima di discriminazioni. Posso solamente parlare bene di questo Paese”.

Segui le vicende politiche dell’Italia? E qual è l’immagine del nostro Paese che viene percepita attualmente in Germania?

“Molti amici e conoscenti tedeschi mi hanno sempre detto: ‘se guadagnassi i soldi che guadagno qui, in Italia, mi trasferirei subito!’. Questo desiderio è indicativo dell´idea che molti hanno del nostro paese… l’Italia é amata e apprezzata per la sua bellezza, per la sua ricchezza di cultura e di arte, ma la percezione che si ha qui è che l´economia, i servizi e il welfare non siano assolutamente sviluppati come in Germania”.

Torni spesso a casa? E che idea ti sei fatto dell’Italia e di Civitavecchia ogni volta che le rivedi?

“Prima del caos generato dalla pandemia globale da SARS-CoV19 tornavo spesso a Civitavecchia, circa ogni 2 o 3 mesi. Quando penso all’Italia mi torna sempre in mente la lirica di Leopardi ‘All´Italia’, in particolare i versi iniziali:

 O patria mia, vedo le mura e gli archi
e le colonne e i simulacri e l’erme
torri degli avi nostri,
ma la gloria non vedo (…)’

Credo che viviamo molto della nostra gloria passata, della bellezza e ricchezza culturale della nostra nazione, ma credo anche che la classe politica debba e possa fare qualcosa in più per migliorare il nostro paese e renderlo nuovamente degno della gloria dei nostri avi. Per quanto riguarda Civitavecchia invece la risposta é più facile: la nostra cara città con il suo bel mare mi mancano molto, e ogni volta che riparto mi lascia un vuoto dentro il petto che rimane incolmabile. D’altronde qui sono nato e cresciuto”.

SARS-CoV19? Qual è la situazione in Germania e a Marburg?

“La pandemia da SARS-CoV19 ha avuto purtroppo un grande impatto sulla nostra quotidianità. Prima di tutto ha portato alla chiusura delle frontiere dei paesi della Comunità europea e questo fatto ha sicuramente generato molte ansie e paure dato che qui si crede molto al concetto di ‘Europa’. Anche la quotidianità è cambiata radicalmente, come anche da voi in Italia. Ora speriamo tutti cautamente in un miglioramento che ci porti lentamente e con gradualità alla nostra vita di sempre, senza però abbassare la guardia. Personalmente credo che sia la Germania che l´Italia abbiano risposto con prontezza all´improvvisa emergenza sanitaria, purtroppo in Italia non hanno giocato a favore i grandi tagli alla sanità che sono stati attuati nei decenni passati e che hanno portato alla chiusura di molti reparti di terapia intensiva e alla formazione di meno personale specializzato. Mi auguro che tutto ciò sia di monito e ci faccia pensare ad investire nuovamente più risorse nel nostro Sistema Sanitario Nazionale”.

Ritieni che la Germania abbia affrontato meglio dell’Italia l’emergenza Covid? E’ vero che il lockdown è stato meno rigoroso e le misure meno restrittive rispetto all’Italia hanno in realtà consentito di superare meglio, senza eccessive privazioni, la fase critica del contagio? Qual è la tua opinione?

“La Germania è una repubblica federale e ogni ‘Land’ (regione), nella sua autonomia, ha deciso in modi e tempi diverse come attuare il lockdown. In generale, credo che in Germania le misure di contenimento siano durate di meno e siano state meno restrittive che in Italia, e anche le prescrizioni per tornare a una condizione di normalità risultano diverse, come ad esempio l’obbligo assoluto di indossare una mascherina, in ogni situazione, diversamente a quanto avviene in Italia, in cui è fatto obbligo di indossarla soltanto quando si entra in luoghi chiusi. Anche in Germania, al di la´ dell’uso della mascherina, sono state imposte restrizioni, anche se di natura diversa, che influenzano in modo importante i rapporti degli individui nella quotidianità della vita. Credo comunque che il migliore risultato ottenuto qui rispetto all’Italia, sia dovuto al fatto che in Germania siano stati eseguiti molti più tamponi e ciò abbia permesso precocemente l’individuazione dei focolai e l’isolamento dei contagiati, impedendo così la genesi di veri  e propri “Cluster” che, se tardivamente riconosciuti, diventano poi difficilmente controllabili. Un altro punto fondamentale, nella gestione del problema, è dato sicuramente dall´esistenza, in Germania, di un maggior numero di ospedali e di reparti attrezzati per la  terapia intensiva rispetto al numero di abitanti. Questo fattore ha anche sicuramente contribuito molto ad affrontare la gestione di un grande carico di pazienti critici, evitando ciò che, per scarsità di strutture specialistiche, ad esempio, è tristemente accaduto a Bergamo”.

Per concludere questa intervista: i “cervelli” italiani a tuo parere sono davvero destinati a fuggire? 

“Ho fiducia e spero che in futuro le cose cambino, ma purtroppo sono sempre di più i colleghi e gli amici del mio settore che abbandonano il nostro Paese per una situazione di insoddisfazione intellettuale e/o lavorativa. Spesso molti colleghi mi scrivono e mi chiedono informazioni o consigli sul come muovere i primi passi in Germania al fine di poter lavorare in questo paese”.

Pensi di tornare a vivere e a lavorare in Italia dopo questa esperienza in Germania oppure vedi la tua vita ormai lontana da qui?

“Questo Paese mi ha dato molto e continua ad offrirmi molto. Nonostante ciò una volta terminato il mio percorso di formazione specialistica e realizzati i progetti di ricerca in cui sono attualmente coinvolto, tornerò sicuramente con piacere nella mia città per esercitare con competenza la professione di dermatologo nel mio studio specialistico” .

 

Marco Galice