“Cervelli in fuga”. Da 8 anni in Svizzera, dove l’Italia è il sud del mondo

CIVITAVECCHIA – Dalla Svizzera un’altra testimonianza di un “Cervello in fuga”: Giuseppe Pierantozzi, 41enne di Tolfa che da ormai 8 anni risiede nel Paese elvetico, di cui traccia le principali caratteristiche e differenze con l’Italia. Una particolare testimonianza da immigrato del 21° secolo in cui, cambiando latitudine, è proprio il Belpaese ad essere il sud del mondo, non solo in senso geografico.

Da quanto tempo ti sei trasferito? Perché hai deciso di lasciare l’Italia e dove vivi attualmente?

“Vivo fuori dall’Italia da quasi dieci anni. Dopo aver viaggiato molto per il mondo, dal 2009 risiedo a Lugano (Svizzera) insieme a mia moglie e ai miei due bimbi”.

Qual è stata la tua formazione e quali esperienze lavorative hai accumulato?

“Laureato in giurisprudenza alla Sapienza di Roma. Prima di lavorare come avvocato ho fatto diverse esperienze lavorative, come dipendente e indipendente, in Italia e all’estero. A parte alcune esperienze di lavoro temporanee che mi hanno permesso di risparmiare e continuare a viaggiare, prima di lasciare l’Italia ho creato una società e registrato un marchio nel mondo della moda”.

Di cosa ti occupi attualmente?

Dopo aver conseguito il brevetto di avvocato, mi sono specializzato in finanza e fiscalità. Attualmente sono il responsabile della funzione antiriciclaggio di una società finanziaria che si occupa di gestione patrimoniale a Lugano”.

Quali differenze hai riscontrato, a livello di servizi e di qualità della vita, tra l’Italia e la Svizzera? E a livello lavorativo e contrattuale?

“Sono consapevole di ricadere nello stereotipo: la Svizzera è un paese molto organizzato, attento alla qualità dei servizi, pubblici e privati, rigoroso nell’applicazione delle regole e partecipativo nelle decisioni della vita pubblica. Rispetto ad altri paesi, Italia in primis, la qualità della vita è piuttosto alta, garantita ancora da un buon compromesso tra livello salariale e costo della vita. Vi è inoltre, ancora oggi, un percettibile senso civico. A livello lavorativo ritengo che il paese offra molte opportunità, in particolare a chi voglia crescere professionalmente ed abbia voglia di non adagiarsi. È un sistema molto competitivo ma stimolante, in grado di assicurare una crescita in termini di esperienza e professionalità a chi voglia mettersi in discussione”.

È stato facile ambientarti e come lo hai fatto? Hai dovuto studiare una nuova lingua per poter comunicare?

Non è stato facile all’inizio. Ho sofferto molto la mancanza di socialità e spontaneità a cui sono sempre stato abituato ma nel tempo ho imparato a trovare i miei riferimenti e, seppur in modo diverso, a vivere secondo i miei canoni. La Svizzera ha 4 lingue ufficiali. Per prepararmi all’esame di avvocatura ho dovuto studiare tutto in francese e anche fatto corsi di tedesco. A lavoro abitualmente parlo inglese”.

In tutta Europa c’è una sempre più diffusa insofferenza nei confronti degli immigrati. Percepisci anche in Svizzera questo clima di crescente ostilità? E qual è attualmente la considerazione degli elvetici nei confronti degli italiani che vivono nel loro Paese?

“Il problema degli immigrati è di stretta attualità ovunque, anche in Svizzera. Come paese terzo ha delle dinamiche diverse rispetto all’Europa ma l’impatto si sente e i sentimenti sono contrastanti. Oserei dire che nei confronti degli italiani vi è un approccio ‘goliardico’ che però non sfocia mai in atti di razzismo. In Canton Ticino, vista la prossimità territoriale e culturale con l’Italia, la discussione è accesa sui frontalieri, gli italiani che passano il confine per lavorare in Svizzera, in un momento in cui la crisi economica ha iniziato a manifestarsi anche qui”.

Torni spesso a casa? E che idea ti sei fatto dell’Italia e di Tolfa quando la rivedi?

“A volte, come nel mio caso, le storie della vita ci portano lontano dalla nostra terra ma nulla è paragonabile all’aria di casa. Lugano non è così lontana da Tolfa. Devo ammettere, con un senso di rammarico, che quando ritorno non vedo miglioramenti. La crisi economica ha toccato la bellezza dei posti e intaccato la serenità delle persone. Ho sempre considerato la nostra terra come ricca di potenzialità ma inespresse. Con molto dolore devo ammettere che, attualmente, non vedo i presupposti per un rilancio nel breve periodo del sistema Italia e, purtroppo, non sento quell’energia tra le persone che in alcune epoche è servita a modificare in meglio il corso della storia”.

I “cervelli” italiani sono davvero destinati a fuggire?

Non so se sia ancora corretto limitare il concetto ai ‘cervelli’, così per come intendiamo questa parola. Il fenomeno riguarda anche persone che non hanno fatto anni di formazione accademica o che ambiscono a chissà quali posizioni. Se è vero che non ci sono molte prospettive per chi voglia crescere professionalmente o mettere a frutto i tanti anni di studio, è altrettanto vero dover ammettere che – in assenza o carenza di lavoro – la situazione è diventata difficile per chiunque. E in questa condizione, il consiglio che mi permetto di dare è quello di assicurare la felicità al cuore prima ancora che al cervello, quand’anche a migliaia di
chilometri di distanza dalla propria terra”.

Hai in programma di tornare prima o poi a lavorare in Italia oppure la tua vita ormai è lontana da qui?

“Ho conseguito il brevetto da avvocato svizzero, lavoro in finanza…i miei bimbi sono svizzeri…temo che tutti questi elementi non mi permettano di poter prevedere ritorni professionali nel nostro paese ma se c’è una cosa che ho imparato sulla mia pelle è che nella vita non si sa mai.”

Marco Galice