Di ritorno da Auschwitz…

CIVITAVECCHIA – Pubblichiamo di seguito la toccante testimonianza della giovane studentessa del Liceo scientifico “Galilei”, Cristina Delussu, che ha partecipato nei giorni scorsi al “Viaggio della Memoria” ad Auschwitz organizzato dalla Regione Lazio.

“Il giorno in cui siamo arrivati abbiamo visitato il quartiere ebraico, dove abbiamo visto alcune sinagoghe e il luogo in cui è stato girato il film Shinderlist. Lì ci è stato spiegato che quel luogo è stato indicato come ghetto nel film ma in realtà è stata solo una trovata cinematografica dovuta al fatto che il ghetto era stato restaurato e non dava l’idea di essere un luogo nel quale c’erano stati bombardamenti. Abbiamo poi raggiunto il tempio ebraico, dove ci hanno dato alcune informazioni riferite alle condizioni degli ebrei nei vari secoli. Poi abbiamo oltrepassato la Vistola raggiungendo il ghetto vero e proprio. Lì si estende una piazza: “piazza degli eroi del ghetto” che è pero soprannominata piazza delle sedie perché lì sono collocate delle sedie di metallo a ricordare che è un luogo della memoria; Quel luogo fu “utilizzato” come ghetto proprio per la sua posizione: si trova infatti tra la Vistola e una collina molto alta e furono costruite poi delle mura (ad opera degli ebrei stessi sotto il controllo della polizia ebraica che a sua volta era controllata da quella tedesca) che emulano la forma delle lapidi. La sera poi abbiamo avuto l’incontro con i testimoni che ci hanno raccontato gli eventi che hanno preceduto il loro arrivo a Birkenau.
Ci hanno raccontato di aver viaggiato su vagoni che erano adatti per il trasporto del bestiame e che erano molte persone in un vagone di dimensioni ridotte e che avevano a disposizione solo un barile vuoto, per i loro bisogni fisiologici e pochi secchi di acqua. Inoltre uno dei testimoni ci ha raccontato di aver viaggiato prima su una nave, in quello che è stata la deportazione più lunga attuata dai tedeschi. Il giorno seguente abbiamo visitato Auschwitz e Birkenau…
A Birkenau i testimoni ci hanno raccontato di ciò che accadeva in quei luoghi (con la voce che era veramente rotta dal pianto). Ci hanno detto dello smistamento che tutti subivano appena arrivati e che le prime a subire la selezione erano le donne: quelle adatte al lavoro erano mandate nella parte sinistra del campo, quelle inadatte (perché anziane o perché non volevano separarsi dai propri figli erano portate direttamente alle “docce”). Si passava poi alla selezione degli uomini che, se adatti al lavoro, erano confinati nella parte destra del campo. Abbiamo poi visto i resti delle docce che sono state bombardate dai tedeschi per eliminare le tracce dello sterminio. Qui i testimoni ci hanno detto che i cadaveri delle persone erano portati ai “luoghi di sepoltura” dagli stessi ebrei e che i gas tossici impiegavano almeno 10 minuti per ucciderli. Abbiamo visto la cosiddetta sauna nella quale coloro che erano adatti al lavoro venivano disinfettati e subivano la rasatura dei capelli (ai bambini non tagliavano i capelli) e una delle sorelle, Andra, la più piccola ci ha raccontato un aneddoto in riferimento al fatto che faceva fatica ad accettare la mamma in seguito ai cambiamenti generati in lei dal taglio dei capelli e dal duro lavoro. Siamo poi giunti ad Auschwitz, dove abbiamo visitato alcuni blocchi dove sono presenti resti di valige, occhiali, scarpe, protesi etc… appartenuti agli ebrei (che i tedeschi non hanno fatto in tempo a spedire in Germania), alcuni documenti e molte foto (tra le quali quelle utilizzate prima dei numeri che gli tatuavano sul braccio, considerate però troppo dispendiose). Abbiamo poi visto la cella di Kolbe che ha sacrificato la sua vita per salvare quella di un altro uomo e il tribunale in cui erano giudicati coloro che commettevano scorrettezze. Nonostante Auschwitz sembri un luogo più vivibile (per quanto quei posti possano considerarsi tali) rispetto a Birkenau vi sono alcuni blocchi che mostrano tutta la cattiveria subita dagli ebrei: le celle di 1 metro per 1 metro in cui venivano poste 4 persone che non avevano tenuto un comportamento “consono”, il “muro della morte”, i pali in cui erano appesi per le braccia, le fornaci, ma soprattutto le docce in cui erano presenti evidenti segni di unghie sui muri. Questa è senz’altro la cosa più dolorosa vista in quel luogo forse ciò è dovuto anche al fatto che ci hanno raccontato che la prima volta che hanno tentato il genocidio con i gas tossici sono stati necessari molti più che dieci minuti di agonia per morire. La sera poi abbiamo avuto un nuovo incontro con i sopravvissuti che ci hanno raccontato gli eventi successivi alla loro liberazione”.