CIVITAVECCHIA – Ebbene, le ultime due settimane civitavecchiesi hanno consegnato al dibattito politico cittadino due questioni scottanti, che sembra rappresentino la vera preoccupazione dei nostri amministratori su cui concentrare sforzi e discussioni. Si è cominciato circa 15 giorni fa con una furibonda polemica sul sacrosanto diritto dei civitavecchiesi di raccogliere a proprio piacimento ferlenghi, ovuli e porcini anche in territorio etrusco: evidentemente la prelibatezza di questi prodotti nostrani è così eccellente da aver risvegliato dal loro stato comatoso Consiglieri comunali di cui si erano perse tracce e parvenze, tale è stato il loro profondo letargo in Comune in questi anni. Ne siamo ovviamente contenti e suggeriamo a questo punto un abbondante menù a base di funghi per tutti i Consiglieri comunali prima delle loro soporifere sedute all’Aula Pucci. (attenzione però alla mortifera Amanita phalloide, presenta ingannevoli e pericolosissime sembianze con funghi apparentemente commestibili). Si è proseguito nei giorni scorsi con il problema dei problemi di Civitavecchia: i barboni che invadono viale Garibaldi, così tanti da averne espropriato l’utilizzo ai cittadini, così come denunciato da qualche agguerritissima forza politica. Il problema, reale e certamente da affrontare, non è la condizione di vita misera dei clochard che bivaccano al Viale, la necessità di preoccuparsi delle loro condizioni di salute e la possibilità o meno di offrirgli eventualmente aiuto e una sistemazione un po’ più decorosa; assolutamente no. Il problema vero è la loro fastidiosissima presenza che imbarazza e irrequieta la vista; il problema, da affrontare e da estirpare in tempi rapidi chiamando a raccolta istituzioni e e Forze dell’ordine, è quello di sgombrarli e nasconderli agli occhi dei cittadini, perché deturpano il paesaggio e imbarazzano il decoro urbano, un po’ come i cumuli di monnezza per le strade di Napoli. Non ci si pone insomma un problema umano ma semplicemente di pulizia. La sintesi perfetta di quello che sta diventando inesorabilemente la politica civitavecchiese, sempre più povera di contenuti ma sempre più trabordante di protagonismo, ricerca della visibilità e dell’effimero, perdendo dunque di vista le necessità reali dei cittadini. Troppo banale ricordare quanti e quali problemi irrisolti, gravosi per la salute e l’economia dei cittadini, stiano affogando da dieci anni a questa parte Civitavecchia, dall’inquinamento alla disoccupazione. La centrale che inquina, le patologie tumorali che aumentano, l’emorragia di posti di lavoro, i cittadini sempre più poveri, sono ormai contorni assuefatti dell’immobilismo politico nostrano, che innescano un perverso meccanismo a catena. Solo dieci giorni fa tre associazioni di volontariato storiche sono state buttate in mezzo a una strada dall’Amministrazione comunale: silenzio totale e inverecondo da parte di tutte le forze politiche di maggioranza; qualche segnale di solidarietà da parte di alcune forze di opposizione; Avo, Unicef e Telefono Rosa che al momento hanno praticamente chiuso i battenti. A dieci giorni dal fattaccio tutto è già caduto nel dimenticatoio. Molto più importante discutere di funghi e di barboni da cacciare. Che triste fine la politica civitavecchiese.
Marco Galice