CIVITAVECCHIA – Un nuovo, duro attacco all’indirizzo del Sindaco Moscherini quello scagliato oggi dall’On. Pietro Tidei, che si inserisce nel dibattito sulla movida violenta accusando di cattivi esempi il primo cittadino e la sua amministrazione.
“La politica deve dare il buon esempio ed il Sindaco Primo cittadino dovrebbe essere il primo buon esempio – afferma Tidei – Con il suo comportamento quotidiano dovrebbe incoraggiare modelli di condotta ispirati alla moderazione, alla sobrietà senza sponsorizzare, come invece fa Moscherini, la cultura dell’effimero e dell’eccesso a cominciare da un uso della parola intriso di violenza e di stile ‘rancoroso’. Una parte del problema dei fatti osceni, prima ancora che violenti, avvenuti in questi giorni al Pirgo è proprio qui, nel non-ruolo di questa non-politica dal basso profilo morale spacciata da questo Sindaco come politica ‘dei fatti’. Non solo: in questi quattro anni attorno a Moscherini è cresciuta una vera e propria scuola di comportamenti non sobri,
mai moderati, sempre spinti all’eccesso. E in quest’eccesso c’è l’alcol e la droga che gira indisturbata attorno al Pincio. Questi 4 anni hanno portato la città, non solo vicina, molto vicina, se non proprio dentro, al dissesto finanziario, ma in un vero e proprio dissesto morale”.
Secondo Tidei c’è da ricostruire, a cominciare dai giovani, il senso di appartenenza dei civitavecchiesi a Civitavecchia, “una città nella quale non si riconoscono più e che questo Sindaco e la sua non politica hanno trasformato in Tamarreide, dando, con il loro cattivo esempio, una bella mano al degrado dei tempi nel seppellire una morale popolare sana e di alti principi”.
“La cura per i teppistelli del Pirgo e per le teppistelle che corrono a vedere i propri fratelli ‘che se menano’, come se fossero in Tv – conclude il deputato del Pd – non è ‘il rafforzamento delle misure di polizia’ o l’intervento dei reparti della Celere in tenuta antisommossa invocati da Moscherini, ma quattro madri, generose nel peso quanto rudi nei modi, che armate di ‘ciappole’ li prendono per un orecchio: ‘A casa…che mo’ famo li conti’”.