“Ma quale scarpata, chiederò che i locali vengano demoliti”

Alessandro ManueddaCIVITAVECCHIA – Quando ho letto che la situazione della Marina era stata risolta con una “scarpata verde”, mi sono tornate alle mente le immagini del giornalista iracheno che, un paio d’anni fa, lanciò entrambe le scarpe contro George W. Bush. Per un attimo, ho pensato che una volta tanto le cose fossero andate nella maniera giusta e, parallamente, ho temuto di essere ingiustamente accusato di “lancio pericoloso di scarpa”.
Subito dopo, ho letto l’assurdità dell’aiuola che dovrebbe incorniciare i locali abusivi e ho capito che le cose erano andate nel solito modo: si era trovata una soluzione illegittima e, quindi, falsa.
D’altra parte, era l’unico esito possibile di un tavolo inutilmente pagato con i soldi dei contribuenti, perché non c’è una soluzione o, meglio, l’unica soluzione prevista dalla legge nel caso di volumi realizzati in assenza (o in difformità) dell’autorizzazione paesaggistica è la demolizione. Ordinare la demolizione dell’abuso sarebbe stato, tra l’altro, il modo più rapido per consentire la restituzione dell’area alla città. Invece si è preferito perdere sette mesi nel tentativo di non applicare la legge, fino alla ridicola trovata partorita in Regione lunedì scorso.
Che il tentativo di nascondere i locali abusivi con la progettazione e, peggio, la realizzazione di ulteriori lavori sia palesemente illegittima non lo dico soltanto io (il che, capisco, sarebbe poca cosa), ma, dato che la compatibilità paesaggistica può essere eventualmente (non nel nostro caso, dove esistono volumi monumentali) accertata solo per i lavori già realizzati, lo dicono anche il Codice del Paesaggio, Legge dello Stato dal 2004, la lingua italiana e, soprattutto, la Corte Suprema di Cassazione, che nella sentenza n. 19081/2009 della III Sezione Penale ha chiarito, tra le altre cose, che: “il certificato di compatibilità non può essere condizionato, poiché una sanatoria subordinata a determinati adempimenti sarebbe in contrasto con la “ratio” della norma che collega la sanatoria alla già avvenuta esecuzione delle opera ed alla compatibilità paesaggistica delle opere già eseguite e non a quelle da eseguire”.
Nei prossimi giorni notificherò alla Regione e al Ministero un formale atto di diffida ad adempiere ai rispettivi doveri d’ufficio, respingendo la domanda di “sanatoria” del Comune e ordinando la demolizione dei locali realizzati alla Marina.
Sarei favorevolmente sorpreso se ci ripensassero senza il bisogno di essere sollecitati. Del resto, come vanamente fissato nella Convenzione Europea sul Paesaggio: “il paesaggio rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale… la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo”.

Alessandro Manuedda – Consigliere comunale dei Verdi