CIVITAVECCHIA – Non so se al consigliere Perello sia ben chiaro quello che ha scritto. Per me non lo è e spiego subito il perché. Il referendum ha sancito la contrarietà popolare alla privatizzazione dei servizi e lui afferma che privatizzare non è un “tradimento” anzi una scelta di buona politica, quasi a significare che il popolo non capisce nulla o che la democrazia sia altra cose che il governo del popolo. Afferma che l’offerta di pubblici servizi a Civitavecchia è deficitaria quando per anni i vari amministratori delle società comunali, nominati dal sindaco, non hanno fatto altro che decantare l’opera svolta dalle varie società nelle quali, a conferma della loro buona condizione, si continua ad assumere personale. Parla di “ partnership” pubblico-privata ed è favorevole alla vendita di ulteriore quote delle aziende ( addirittura del 90% ) senza spiegare come pensa di influenzare il privato con il suo ridicolo rimanente 10%. Afferma che il pubblico ha il ruolo di garante dell’occupazione ma non spiega in che modo pensa di condizionare un privato che ha la maggioranza delle quote. Forse in questo è più sincero il sindaco che, alla domanda se il privato potrà licenziare, diede la famosa risposta “ il privato non è il Fatebene fratelli”. In piena conflittualità giustificatoria, afferma che “non è vero che i privati licenziano“ per contraddirsi subito dopo dicendo “I privati eventualmente licenzieranno chi non lavora”. Ha rinnegato la sua origine di sinistra e chiama un sindaco Pd a sostegno delle sue tesi. Cita l’economista Federico Caffè a difesa del suo rampante liberismo dimenticando che lo stesso economista afferma che “poiché il mercato è una creazione umana l’intervento pubblico ne è una componente necessaria e non un elemento distorsivo o vessatorio. Non si può non prendere atto di un recente influsso neoliberista ma è difficile individuarne un apporto intellettuale innovatore”. Ecco, caro consigliere, nella sua sorta di fondamentalismo del mercato non troviamo nulla di innovativo. La sua esaltazione delle virtù del mercato ed il profondo pessimismo sul ruolo delle politiche attive sono espressione di una antropologia basata sull’individualismo e sul profitto. Quello che lei sembra aver dimenticato è l’insegnamento delle migliori teorie economiche. Il mercato da solo non basta. Siamo stanchi di veder svendere la nostra città. E’ tempo di solidarietà , è tempo di rimettere al centro dell’agire politico ed economico la persona con i suoi bisogni ed i suoi valori ricordando che solo tendendo al bene di tutti si giunge a quello di ciascuno e non viceversa. Il realizzarsi di questo sviluppo, come ci ricorda papa Benedetto nella Caritas in veritate “ è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune”. Chi si riconosce in queste parole non può accettare una privatizzazione selvaggia .
Marco Di Gennaro – Segretario Udc