L’opposizione ribadisce: “La cessione ai privati della Holding viola lo Statuto comunale”

comune2CIVITAVECCHIA – Cedere il 60% della Holding ai privati è una violazione dello Statuto comunale. Ne è convinta l’opposizione consiliare che non molla la battaglia contro la privatizzazione dei servizi pubblici, ribadendo il principio di illegittimità della ormai nota delibera 71 del Consiglio comunale.
“All’art. 67, c. 4 – afferma in una nota unitaria la minoranza – lo Statuto comunale prevede che: ‘Il Comune può partecipare anche come socio minoritario a società di capitali, affidatarie della concessione di servizi pubblici locali… fermo restando il principio della prevalenza del capitale pubblico’. Ora, il Comune si appresta a cedere ad un socio privato il 60% di HCS, ovvero la società che gestirà (e, si badi bene, ad oggi non gestisce) i servizi pubblici, determinando così la prevalenza del capitale privato. E dunque, la cessione del 60% di HCS al privato, disposta con la delibera 71, costituisce o meno una violazione dello Statuto? La risposta del Segretario Generale, resa in conferenza dei capigruppo e affidata anche alla stampa, può essere sintetizzata così: lo Statuto comunale è ormai datato ed è comunque un atto secondario, soggetto alle disposizioni del Testo Unico Enti Locali, normativa statale, quest’ultima, oggetto negli ultimi anni di numerose modiche che rendono superate le previsioni dello Statuto.
Per quanto ci riguarda, quindi, una quasi-risposta, perché alla domanda: ‘la delibera 71 è stata adottata in violazione dello Statuto?’ ci saremmo aspettati un ‘Sì’ o un ‘No’.
Naturalmente, consideriamo le argomentazioni del Segretario Annibali come un ‘No’, peraltro senza sorpresa, dato che la conformità allo Statuto l’aveva già attestata con la sua firma sulla proposta di delibera”.
Quella di Annibali, dunque, secondo l’opposizione è soltanto una opinione, ferma restando a loro avviso la violazione dello Statuto, supportata dal precedente giuridico dei Giudici delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione nella sentenza 12868/2005, recentemente ribadita dal Tar del Lazio, per i quali lo Statuto, nel solco del principio di autonomia sancito dall’art. 5 della Costituzione, si configura come “espressione della esistenza stessa e della identità dell’ordinamento giuridico locale”, non più semplice atto secondario ma “atto normativo atipico, di rango paraprimario o subprimario” ed ha come limite “il rispetto dei principi generali fissati dallo stesso Testo unico e degli altri principi espressamente enunciati nelle leggi successive, nonché delle leggi che conferiscono funzioni agli Enti locali” e, in questo senso, può “derogare alle disposizioni di legge che non contengano principi inderogabili”.
“Nel nostro caso – commentano – non esiste nel Testo Unico un divieto per i Comuni di seguire il principio della prevalenza del capitale pubblico in caso di partecipazione a società di capitali che gestiscano i servizi pubblici locali e, anzi, proprio l’art. 23-bis della L.133/2008, indicando la possibilità di cessione ai privati di una quota ‘non inferiore al 40%’ di tali società, consente ai Comuni di prevedere nel proprio Statuto ed attuare il principio della prevalenza del capitale pubblico. Riteniamo, pertanto, l’art. 67, c. 4 del nostro Statuto pienamente legittimo e vigente e, di conseguenza, la delibera 71 adottata in violazione dello Statuto e, quindi, illegittima”.
Ad ogni modo per l’opposizione, che preannuncia una impugnazione giuridica della delibera 71, solo un giudice potrà dirimere la questione.
“Ciò che maggiormente ci interessa – concludono i consiglieri di minoranza – chiarito che non esiste la scadenza del 31 dicembre 2010, è sollecitare il senso di responsabilità del Consiglio Comunale e tentare di revocare una scelta letteralmente inconsulta che, qualora dovesse concretizzarsi dopo l’inevitabile tunnel di ricorsi e contenziosi, avrebbe come effetto principale (per non dire unico) l’aumento esponenziale delle tariffe”.