La festa dei padroni e della città sottomessa

Bisogna avere il coraggio di ammetterlo: il 1 Maggio è ormai solamente una festa di pura testimonianza ideologica. Non solo perché nell’era del Jobs Act, dopo decenni di lotte per la tutela del lavoro, si è tornati indietro di 100 anni introducendo il diritto di licenziamento senza giusta causa garantito dallo Stato; ma anche perché accade che in una città come Civitavecchia, proprio il 1 Maggio, città, politica e istituzioni rimangono passivi e impassibili di fronte al licenziamento in tronco di otto lavoratori. Ed è una vicenda sconfortante dai connotati tipicamente padronali e ottocenteschi. Da una parte un colosso energetico, Tirreno Power, simbolo del decennale sfruttamento del territorio in cambio di poche briciole occupazionali, che sceglie proprio il giorno della Festa del Lavoro per procedere con un cambio di appalto incentrato su un minor impiego di manovalanza; dall’altra la totale assenza e sudditanza di chi, partiti, sindacati e istituzioni, ha ormai rinunciato a difendere i diritti dei lavoratori, abdicando senza eredi al ruolo che per natura dovrebbe contraddistinguere la sua ragion d’essere, affidata soltanto a qualche impalpabile nota stampa, più di finto sdegno che di reale lotta, buona soltanto a lavare le coscienze. Nel mezzo, schiacciati tra due perversi ingranaggi che sinistramente si muovono, i derelitti lavoratori, sempre più soli e senza tutele. E’ un esercizio antipatico ma inevitabile di retorica affermare che in altri tempi, oggi, davanti ai cancelli di Torre Valdaliga Sud, la città si sarebbe riversata in massa per difendere non solo e non tanto gli otto lavoratori della BL Appalti, ma la dignità di una città che continua ad essere sfruttata in modo indecente da aziende che godono di totale copertura politica nella loro cinica opera di distruzione del territorio, di ammorbamento dell’aria, di inquinamento dei polmoni e della società civile. Eppure, oggi, davanti a Tvs non c’è traccia di partiti, di sindacati e di politica. Le uniche masse visibili sono quelle a qualche centinaio di metri intente a festeggiare alla Frasca il 1 Maggio nella tradizionale scampagnata, incuranti del cielo appestato che li sovrasta, del dramma umano dei lavoratori licenziati e della imbarazzante presenza dei due colossi sfruttatori: Tirreno Power ed Enel. Un funesto binomio che per Civitavecchia negli ultimi cinquanta anni ha significato soltanto una consenziente sottomissione ai loro voleri, senza colpo ferire, trasformando in assoluta normalità ciò che una volta avrebbe indignato, narcotizzando quelle coscienze che una volta si sarebbero sollevate. Ne è lampante quanto desolante sintesi la storia di Ernesto Tarallo, che “festeggia” oggi il suo 1 Maggio probabilmente più triste. Non tanto per il licenziamento subito a dicembre da Tirreno Power, a fronte dei milionari guadagni che Tvs continua a fatturare ogni anno, quanto per lo sconfortante senso di solitudine con cui si trova a convivere da 107 giorni. Completamente abbandonato da tutti; lasciato solo da chi avrebbe dovuto schierarsi al suo fianco a combattere una ingiustizia inaccettabile perché gratuita e immotivata; relegato volutamente al ruolo di disilluso Don Chisciotte che crede ancora di poter sfidare Enel e Tirreno Power invocando il rispetto di un accordo sottoscritto nel 2003 tra l’entusiasmo di chi celebrava i fasti occupazionali del carbone e che oggi è pura carta straccia da tenere chiusa in un cassetto. E non conta che la sua volontà non sia ancora piegata, l’importante è non parlare di lui, lasciarlo solo a sé stesso come gli otto dipendenti della BL Appalti, affinché le loro storie si disperdano quanto prima in quell’oblio che consente ai padroni di continuare a sfruttare Civitavecchia e a massacrare i diritti dei lavoratori. C’è ancora un sussulto di dignità e coraggio in questa città? Si può ancora credere che non tutto è perduto? Che il 1 Maggio è ancora la festa di chi reclama un lavoro e non di chi lo dà e lo toglie a proprio piacimento?

Marco Galice