CIVITAVECCHIA – Oggi ci troviamo ad uno dei più grandi attacchi ai diritti ed al welfare degli ultimi 50 anni. Nel quadro già disastrato di un Paese in profonda sofferenza, in cui la disoccupazione è aumentata a livelli vertiginosi, specialmente quella giovanile, superiore al 40%, in un Paese dove 6 milioni di persone vivono in condizioni di povertà assoluta, dove la produzione industriale è calata del 25%, le politiche del governo Renzi non si propongono di offrire una soluzione basata sull’estensione dei diritti e delle tutele, ma si pongono in netta antitesi con quelli che sono i reali bisogni del Paese.
Anzi, non solo il governo Renzi si pone in totale continuità con i governi precedenti, continuando a proporre politiche di austerità, ma apre una seconda fase di tali politiche: la fase in cui l’austerità viene permanentemente integrata nel sistema Stato.
Fa questo a partire dal decreto Poletti, già in vigore, che, liberalizzando ulteriormente l’uso dei contratti a tempo determinato, interviene in maniera distruttiva precarizzando ulteriormente un mercato del lavoro già precario.
Sempre nella medesima direzione va il jobs act: con l’eliminazione dell’articolo 18 si rende possibile licenziare senza giusta causa, rendendo precario anche il lavoro a tempo indeterminato.
Tali politiche sono palesemente volte all’aumento della ricattabilità del lavoratore, che potrà essere licenziato a discrezione dell’imprenditore; ciò comporterà sia la svalutazione del lavoro (il lavoratore così ricattabile sarà disposto a lavorare a salari più bassi), sia il restringimento dei diritti (i lavoratori saranno meno inclini a reclamare i propri diritti per timore di venir licenziati o di non veder rinnovato il proprio contratto).Il contratto a tutele crescenti, poi, è uno specchietto per le allodole: non elimina le altre innumerevoli forme contrattuali e non offre alcuna garanzia che il lavoratore arrivi ad essere assunto a tempo indeterminato.
Sul fronte degli ammortizzatori sociali troviamo il Naspi totalmente inadeguato, in primis perché non ha le adeguate coperture economiche per far fronte all’emergenza sociale; inoltre, offre sussidio per un tempo molto limitato ed è condizionato all’accettazione di qualunque lavoro, indipendentemente dai diritti esigibili e dal trattamento salariale.
A tutto questo si aggiunge il taglio da 4 miliardi alle regioni previsto dalla legge di stabilità, che si ripercuoterà inevitabilmente su sanità, trasporto pubblico, diritto allo studio.
Impossibile, inoltre, non citare il decreto “la buona scuola”, che aziendalizza le scuole aprendole agli interessi dei privati, tralasciando completamente il diritto allo studio e la lotta alla dispersione scolastica.
Reputiamo tutto questo inaccettabile, e per questo che saremo in piazza al fianco degli studenti, il 14 Novembre.
Rivendichiamo un’inversione di tendenza per quello che riguarda il mercato del lavoro, a partire dal contratto a tempo indeterminato come modalità primaria di ingresso nel mercato del lavoro, da una reale riduzione delle forme contrattuali precarie, dall’estensione dei diritti sindacali a chi vive la precarietà. Rivendichiamo il reddito minimo come forma principale di welfare, da finanziare attraverso una tassa sulla ricchezza, che ad oggi, in Italia, non esiste.
Rivendichiamo in ultima analisi un nuovo modello di società, basata sull’inalienabilità dei diritti e su forme concrete di welfare, cioè reddito minimo, sanità ed istruzione per tutti, e sull’eliminazione della precarietà.
Riteniamo lo sciopero sociale del 14 Novembre una tappa fondamentale per costruire un blocco di opposizione sociale a questo governo e, più in generale, ad un sistema di politiche neoliberiste che mettono al centro di tutto il mercato e non si pongono come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, ma anzi, le aggravano favorendo il capitale e i suoi interessi.
Riteniamo che sia giunta finalmente l’ora di impegnarsi in prima persona, di metterci la faccia, di prendere coscienza: prendere coscienza delle nostre condizioni materiali, e da lì partire per migliorare l’esistente. Possiamo e dobbiamo farlo.
Il circolo FGCI di Civitavecchia