CIVITAVECCHIA – Sostegno anche a Civitavecchia allo sciopero generale promosso per domani dalla Cgil. Si dice convinto delle ragioni della protesta il Partito democratico, secondo cui “la manovra economica del Governo si sta risolvendo nell’ennesimo assalto ai diritti dei lavoratori e a quel poco che resta dello Stato sociale”. Sul piano sociale – afferma il segretario Patrizio De Felici – sono a dir poco preoccupanti gli effetti di questa manovra. Per l’ennesima volta si fa pagare la crisi ai lavoratori dipendenti, si fa poco o nulla per combattere l’evasione fiscale, si riducono i diritti, ci si accanisce contro i ceti sociali economicamente più deboli. Per Civitavecchia tutto ciò significherà un ulteriore impoverimento della città. Ci diranno che per uscire dalla crisi bisognerà privatizzare anche l’aria quando è ormai chiaro che è proprio il liberismo selvaggio sostenuto dal Governo nazionale e dagli attuali inquilini di Palazzo del Pincio a provocare recessione, disoccupazione e malessere sociale”.
Adesione allo sciopero anche da parte della Compagnia portuale. “Ancora una volta – le parole del Presidente Enrico Luciani – si è deciso di salvaguardare i grandi patrimoni, i privilegi ed i redditi più alti, varando una manovra iniqua, che colpirà le fasce sociali più deboli e, determinando inevitabilmente una contrazione dei consumi, provocherà un’ulteriore frenata nella crescita economica del Paese. Una manovra che, in sede locale, non potrà che acuire i connotati di una crisi che già adesso sta mettendo in ginocchio la nostra città e vede più di una categoria sociale vicina al collasso. Senza contare la mancanza di assolute risposte alle attese dei tanti precari e dei tantissimi giovani in cerca di prima occupazione e l’ennesimo attacco a quelli che devono rimanere capisaldi dei diritti dei lavoratori. Mi riferisco, in particolare, alla volontà chiaramente manifestata di annullare il principio del contratto collettivo nazionale di lavoro e di cancellare lo Statuto dei Lavoratori attraverso la paventata modifica dell’articolo 18 per facilitare la possibilità di licenziamenti. Per tutte queste ragioni – conclude – scioperare domani è un dovere di tutti, lavoratori e non. Da domani deve partire uno straordinario segnale di cambiamento, per il Paese e anche per il nostro territorio”.
La pensa così anche il Prc, che ufficializza la propria adesione allo sciopero per voce della Segretaria cittadina Valentina Di Gennaro, che afferma: “La crisi in cui siamo immersi non è casuale né contingente: è una crisi complessiva, di sistema Il sistema della crisi riproduce e consolida su scala globale il ‘sistema della precarietà’. Non sarà il contributo delle grandi ricchezze a far tornare i conti del bilancio pubblico: al contrario, sotto dettatura dell’establishment di Bruxelles vengono gettate le basi per un azzeramento dello stato sociale e per la cancellazione del contratto nazionale. Vittima illustre di tale processo involutivo è la democrazia liberale. Se tale è il passaggio di questa fase storica, storica può anche essere l’opportunità che si profila per le forze della sinistra: a patto che ‘nessuno sia autosufficiente”.
Sciopera anche l’Unione sindacale di Base domani, ma con piazza e motivazioni differenti rispetto a quelle della Cgil come tengono a precisare dall’Usb. “Nella piattaforma della Cgil – spiegano in una nota stampa – non esistono elementi significativi che aggrediscono i grandi capitali e patrimoni finanziari. Il sospetto è che lo sciopero indetto dalla Cgil serva solo a dare una stampella al Pd in Parlamento, lasciando del tutto inalterate le vere ingiustizie esistenti nel nostro paese. Al centro dello sciopero è stato posto il ritiro dell’art. 8 del decreto, quello che sancisce la fine dei contratti nazionali per esigenze nazionali o internazionali, su cui la Cgil ha già messo la propria firma assieme a Cisl, Uil e Confindustria lo scorso 28 Giugno. Quale più manifesta contraddizione!”. Come se ne esce? “La ricetta di Usb è semplice: tassare i ricchi. Abbiamo raccolto le firme su una proposta di legge di iniziativa popolare per tassare di più le rendite finanziarie e meno i redditi da lavoro dipendente”.