CIVITAVECCHIA – Rispondo, con ritardo dovuto ad impegni professionali, al segretario del Partito democratico di Civitavecchia, Damiano Ferri sul tema della regolamentazione domenicale per gli esercizi commerciali.
Ricordo prima di tutto che le proposte di legge sono 4, tra queste, oltre a quelle della lega e dei 5 stelle, ci sono anche quella della regione Marche e del PD.
Il che ci dice che se vi sono delle proposte, significa che da tempo vi era la necessità di intervenire con delle modifiche.
Poiché tutti si sono spesi il rischio di perdite di posti di lavoro, porto alcuni numeri relativi all’occupazione nel piccolo commercio. Dal 2011 al 2013 si sono persi nel piccolo commercio 67 mila unità, su cui nessuno ha mai detto alcunché.
Questa vera catastrofe occupazionale, è passata in pratica sotto silenzio, da parte di chi oggi si strappa le vesti annunciando rischi di occupazione.
Il settore del commercio, da Bersani in poi ha vissuto elementi, giusti, di liberalizzazione.
Con il governo Monti sono state messe in atto forme di deregulation da far west.
Come uomo di tendenze socialiste liberali, ho sempre avversato le liberalizzazione selvagge; nel caso del commercio hanno cannibalizzato il settore, favorendo in particolare la grande distribuzione, determinando la crisi dei piccoli negozi e portando con sé gravi problemi e costi sociali. Aggiungo che questa liberalizzazione per l’altro verso non ha favorito l’aumento dei consumi, né tantomeno l’occupazione.
Le liberalizzazioni selvagge normalmente favoriscono poteri finanziari e mettono in crisi ed in ginocchio piccole e medie imprese. Le grandi strutture, con un numero rilevante di dipendenti, ovviamente non hanno problemi nella turnazione dei dipendenti; ovviamente a scapito delle piccole, che spesso possono contare sul titolare, la propria famiglia o pochi addetti.
Lei parla di obbligo di chiusura, ma evidentemente non ha letto attentamente le varie proposte.
Personalmente sono per la completa libertà imprenditoriale, una democrazia imprenditoriale, che permetta di offrire al cliente dall’ambulante del mercato al centro commerciale. Dando a tutti la capacità e la possibilità di competere.
Parcheggi, pulizia della città, traffico, eventi; senza questi ovviamente la competizione di quelli che dovrebbero essere i centri commerciali naturali, rispetto ai centri commerciali va a farsi benedire.
Credo sia corretto che vengano determinate un numero di chiusure obbligatorie per il territorio nazionale, demandando a regioni, comuni ed associazioni tutto il resto.
Ma a lei uomo di sinistra chiedo se sia corretto che il primo maggio o il 25 aprile si debba tenere aperti i centri commerciali; e se questo possa essere esempio di civiltà.
Dobbiamo tutti fare riferimento all’Europa, poi scopriamo che Germania e Francia la domenica prevedono chiusure obbligatorie.
Tralascio la parte sociale e familiare; anche qui però molto spesso siamo attenti alle parole della chiesa e di Papa Francesco, ma in questo caso i diritti sociali dei lavoratori vanno a farsi benedire.
Le faccio presente che i primi fautori della chiusura domenicale sono i sindacati, localmente silenti in materia.
Per concludere, è ovvio che le chiusure domenicali non sono sufficienti per rilanciare il paese; necessitano politiche fiscali, sgravi per famiglie e aziende, rivisitazioni dei contratti, leggi efficienti sul commercio on line, lotta all’abusivismo e all’illegalità.
Però una presa di posizione su un limite alla liberalizzazione selvaggia delle aperture, darebbe la sensazione di una attenzione verso i negozi di vicinato, la piccola distribuzione, i lavoratori.
Tullio Nunzi – Meno poltrone più panchine