“Brexit: serve un mea culpa dell’Europa”

CIVITAVECCHIA – L’esito del referendum desta una seria preoccupazione. Si tratta, evidentemente, di un passo indietro dell’Europa, che si può addebitare in Inghilterra ad una percentuale di elettori di poco superiore a quella degli europeisti, risultati invece maggioritari – come abbiamo visto – in Scozia e Irlanda del Nord. Brexit, quindi, con alcune contraddizioni, che mentre indeboliscono il Continente alimentano le divisioni d’Oltremanica. E’ arduo stabilire quanto abbia pesato sul risultato il tradizionale isolazionismo degli inglesi, i vari fattori di natura socioeconomica, il nazionalismo gretto che rasenta il razzismo, l’insofferenza verso il ceto politico, il rigetto dei vincoli posti dalla burocrazia europea.
Certo è che lo stato d’animo d’incertezza che ne viene è causato dal significato complessivo dell’avvenimento. Che va chiaramente colto e sinteticamente enunciato, giacché l’idea di una Europa che attraverso remote e complesse vicissitudini storiche si riscatta dagli influssi orientali dando vita alla civiltà greca fondata sulla libertà politica e sul primato della cultura, che trasferisce molti suoi valori nell’universalismo romano e poi nella Cristianità, che è capace in età moderna di espandersi in tutto il mondo per modellarlo con i suoi stessi caratteri in una certa misura coincidenti con quelli dell’Occidente, la quale esce sensibilmente indebolita dai due conflitti mondiali e decide nell’ultimo dopoguerra, con una svolta a dir poco epocale, di rifondarsi una volta per tutte in senso pacifico e collaborativo dando vita agli organismi comunitari, subisce ora una vera battuta d’arresto.
La bella concezione di una costruzione economica ma anche politica che era presente nelle menti dei fondatori della comunità europea era stata purtroppo annacquata, nel corso di settant’anni, da troppi patteggiamenti, travisamenti e spinte centrifughe. E ciò nonostante i risultati positivi conseguiti da taluni accordi, dalla moneta unica e da nuovi ingressi. Era degenerata. L’apparato ingombrante degli organi dell’Unione operava, nell’ordinario, con una puntigliosità degna di miglior causa, come se, nonostante la evidente mancanza di convincimenti profondi e di robusti obiettivi, fosse già acquisita la volontà dei cittadini di conseguire la piena integrazione che invece era ben lungi dall’essere auspicata. Da ciò il malcontento, la disaffezione, l’insoddisfazione e l’aperta contestazione di un organismo privo ormai di attrazione. Ed ora la prima defezione, una defezione non da poco.
Probabilmente la presente analisi potrà agevolmente coincidere con quella di molti convinti europeisti. Bisognerà vedere se della stessa opinione saranno i politici europei, quanto meno quelli dell’originaria modulazione a sei. Se riusciranno a capire i motivi del distacco, a recitare un sentito mea culpa per non aver dato ascolto a quanti avanzavano critiche dall’interno, e quindi a rilanciare la costruzione europea. Ci auguriamo proprio di sì.

Il Consiglio direttivo de “Il Trittico”