“Un rito sacrificale sui binari italiani”

Altri 3 operai oggi hanno perso la vita sui binari mentre lavoravano alla manutenzione. Sono stati investiti da un treno nei pressi di Butera, sulla linea Licata-Gela, in provincia di Caltanissetta.
Sono, Vincenzo Riccobono, 54 anni, di Agrigento, Antonio La Porta, 55 anni, di Porto Empedocle, Luigi Gazziano, 57 anni, di Aragona.
Il macchinista è stato formalmente indagato per garantirgli la possibilità di partecipare agli accertamenti necessari, nominando legali e consulenti.
Una tragedia che si ripete (sempre in Sicilia, il primo settembre del 2008, a Motta S. Anastasia, morirono nello stesso modo, Giuseppe Virgillito e Fortunato Calabrese e molti altri ferrovieri sono deceduti sui binari di tutta Italia).
Sembra un ‘rito sacrificale’ che nasconde la crudele realtà di un Paese in cui il trasporto ferroviario per gran parte del territorio è ridotto di quantità e qualità e dove la sicurezza annunciata – “siamo la ferrovia più sicura del mondo”, dicono i vertici delle Fs – non corrisponde alle reali condizioni di lavoro.
Una strage sul lavoro che fa rabbia e urla la contraddizione tra le troppe chiacchere – annunci di risanamento economico, mercato, separazioni societarie, pubblicità accattivanti dell’alta velocità – e la scarsa sicurezza concreta per i lavoratori. Nonostante le rassicurazioni e le dichiarazioni trionfanti su risanamento dei bilanci delle ferrovie (anzi forse a causa di esso), sui binari si continua a morire.
La costituzione dell’Agenzia Nazionale per la sicurezza (ANSF) – sulla carta il controllore di Rfi e delle imprese ferroviarie – non è risucita a scalfire il tragico e ripetitivo fenomeno delle morti per investimento.
Come si spiega alle vedove e agli orfani che le misure di sicurezza – teoriche – nella pratica non si applicano?

Dante De Angelis