La lunga e solitaria battaglia dei lavoratori del Contact center GSE

ROMA – Dai lavoratori del contact center GSE, Gestore dei servizi energetici, riceviamo e pubblichiamo:

“Descrivere la storia del Contact Center del GSE è cosa veramente ardua in quanto si tratta di una storia costellata, nell’arco di pochi anni, di tutte le cattive pratiche del sistema capitalista di cui oggi è succube il mondo del lavoro.
Il Gse – Gestore servizi energetici – è un Ente controllato al 100% dal Ministero Economia e Finanze e passato da poco sotto la guida del nuovo Ministero per la Transizione Ecologica, è il quarto Ente italiano e gestisce un giro di affari di circa 14 miliardi di euro all’anno, che arrivano dalle nostre bollette, voce oneri (circa il 21% del totale).
Il Contact Center è l’unico sportello sul mondo esterno per il GSE e l’unico punto di interlocuzione che privati, aziende e PA hanno con tale ente per la concessione di incentivi, gestione pratiche, pagamenti, dichiarazioni antimafia, accesso agli atti, per sintetizzare gestiamo a 360 gradi quello che riguarda le rinnovabili nel nostro Paese.
Gli operatori seguono “il core business” della società “lo dice lo stesso GSE.
La nostra è una storia di appalti e subappalti iniziata nel 2010, che per anni ci hanno sballottato da un’azienda a un’altra, passando da concordati, fallimenti e affitti di ramo di azienda. I dipendenti però sono sempre gli stessi, così come la sede in cui abbiamo operato per la maggior parte di questi anni.
Un’incredibile storia di matrioske e scatole cinesi in cui le aziende private intascavano soldi pubblici, senza di fatto metterci nulla, mentre intanto i lavoratori venivano mantenuti in uno stato di costante precarietà che gli impediva anche di vedersi riconoscere il corretto inquadramento contrattuale, in quanto le aziende fallivano di continuo.
Nel 2015 maturò nelle nostre coscienze che l’appalto fosse illecito e iniziammo una serie di mobilitazioni, sostenute dalla FIOM, per ottenere l’unica cosa sensata: l’internalizzazione del servizio.
Presidi, scioperi e una battaglia legale per appalto illecito che si è evoluta in una maniera controversa: il ricorso diviso in due gruppi dal Tribunale stesso, seguiti dallo stesso avvocato quindi assolutamente identici, ha avuto esiti opposti. Una parte dei lavoratori che ha vinto il ricorso sia in primo che in secondo grado, con la conferma dell’illeicità
dell’appalto, è stata internalizzata da GSE già tra il 2017 e 2018. L’altra parte dei lavoratori, 72 dipendenti della sede di Roma quelli “infungibili” (ovvero insostituibili), a fine 2017 è passata in Almaviva, avendo avuto esito dal Tribunale di Roma diametralmente opposto e avendo Almaviva vinto la nuova gara di appalto. Nel frattempo altre 4 sentenze hanno stabilito che l’appalto fosse illecito.
Insomma ad oggi abbiamo 4 sentenze che confermano quanto da noi asserito e denunciato, ovvero, che l’appalto è illecito.
Nel 2016 Almaviva Contact – la stessa azienda che nel dicembre 2016 licenzia 1666 lavoratori della sede di Roma – si aggiudica, dopo una bagarre giudiziaria, l’appalto con il GSE; iniziamo quindi una lunga battaglia durante il cambio appalto per conservare orario, salario, art. 18 e contratto metalmeccanico, oltre a tutti i diritti acquisiti nel tempo, battaglia che poi ci ha visto vincitori.
Un’ulteriore sfida, ovviamente, è stata rappresentata dal Covid ai primi di marzo 2020 abbiamo subito colto la pericolosità e la gravità della situazione che si stava delineando ma
l’Azienda, sorda alle nostre avvisaglie, non si stava muovendo per tempo mettendo in campo le contromisure necessarie al fine di arginare i contagi.
Anche in questa circostanza i lavoratori sono stati costretti ad entrare in sciopero e dopo 5 giorni l’Azienda chiude finalmente la sede.
Ancora una volta i lavoratori per mantenere il loro diritto alla salute, con lo Smart Working, hanno dovuto scioperare e, la gestione di un servizio pubblico, è stata possibile solo per merito dei lavoratori che si sono resi disponibili a portare avanti il servizio con dotazioni personali, senza rimborsi e investendo in alcuni casi parte dei loro stipendi per dotarsi della strumentazione necessaria.
Occorre aggiungere che in quasi 2 anni di pandemia l’Azienda ci ha applicato percentuali di ammortizzatore altissime, e fatichiamo a capire come l’ente che dovrebbe fare da traino alla transizione energetica per il 2050 non abbia volumi di lavoro.
Inoltre siamo sconcertati dal fatto che GSE riversi soldi pubblici a fornitori privati, i quali socializzano i loro costi (rischio d’impresa) attraverso gli ammortizzatori sociali.
Insomma il privato ci guadagna 2 volte, con la commessa e con la cassa integrazione, il pubblico paga 2 volte per la commessa e per finanziare la cassa integrazione. I conti come sempre non tornano! Tutto questo con il beneplacito della stazione appaltante che ricordiamo essere Gestore dei servizi energetici GSE S.p.A. società per azioni interamente partecipata dallo Stato.
I pochi successi nel mantenere i pochi diritti ormai sanciti nel nuovo mondo del lavoro trova riscontro in una lotta sindacale portata avanti dai lavoratori con caparbietà e soprattutto unità. Anche in una situazione di emergenza come è la pandemia, in cui la responsabilità sembra essere prerogativa più dei lavoratori che dei padroni, si può e si deve lottare per i propri diritti e quello più giusto, logico, sensato ed economico per il bene pubblico è quello di essere finalmente assunti direttamente dal Gse.
Ringrazio per l’attenzione e spero che possiate aiutarci e sostenerci in questa battaglia”.

I lavoratori del contact center GSE