Abolita la censura la censura cinematografica

Dopo quattro anni e mezzo (tali sono stati i tempi della riforma, la legge è la n.220 del 14 novembre 2016) con la firma del 5 aprile u.s. da parte del ministro della cultura on. avv. Dario Franceschini (che fu anche il promotore della suddetta legge) si è posta la parola fine a quella che era la censura cinematografica, detto ancora meglio: non esisteranno più le commissioni di censura che decidevano i “famosi” divieti (a volte assoluti e quindi la non proiettabilità delle pellicole) ed, a volte (piuttosto spesso), anche gli inappellabili tagli ai vari film sottoposti alla loro visione prima dell’uscita nelle sale cinematografiche. C’è voluta la firma di un decreto da parte del ministro Franceschini perché la suddetta legge, all’art. 33, dice che il governo doveva adottare “uno o più decreti legislativi per riformare le procedure attualmente previste dall’ordinamento in materia di tutela dei minori nella visione di opere cinematografiche ed audiovisive”.  Insomma Dario Franceschini prima, nel 2016, da ministro del MiBACT (Ministero dei Beni Artistici, Culturali e del Turismo) ed ora, da ministro del MiC (Ministero della Cultura) ha portato a compimento l’opera di abolizione della censura.

Chi scrive, avendo anche diretto, per cinque anni, l’Ufficio Edizioni della Euro International Films (molto importante Società di distribuzione, produzione ed anche d’ importazione di film stranieri, nata nel 1936 ed operativa fino al 1995, che alla fine degli anni ’60 i proprietari dell’epoca, i Conti Cicogna di Venezia, portarono da un capitale iniziale di 50 milioni di lire a ben 400 milioni) può ricostruire, con la massima attenzione e cognizione di causa, quanto ha preceduto tale abolizione avendo avuto, fra i vari impegni, tecnici e non, anche quello di “portare il film in censura”, ciò particolarmente per i film stranieri dei quali doveva curare totalmente tutta la versione italiana, ivi comprese le avampresentazioni (a volte c’erano anche quelle le quali dovevano essere realizzate solo con immagini fisse costituite da foto prese sul set), le presentazioni e le pellicole vere e proprie. Ben ricordo che il primo film del quale mi occupai per la parte censoria fu “Nell’anno del Signore” in uscita nel Natale del 1969, mentre gli ultimi tre che seguii (tutti insieme e tutti stranieri per cui dovetti occuparmi di “tramutarli” in film “italiani” con l’uscita nei cinematografi nella Pasqua del 1973) furono “Il Serpente”, “L’erede” e “Carlotta ed il porcellino Wilbur” – quest’ultimo primo lungometraggio di Hanna e Barbera con tutti gli animali dell’aia che cantavano, un lavoro di edizione semplicemente enorme.

All’epoca il Ministero dello Spettacolo (uffici nei piani superiori e sale di proiezioni della censura nel sottosuolo) era nel quartiere di San Giovanni a Roma in Via della Ferratella in Laterano alle spalle di Via dell’Amba Aradam proprio dietro alla sede provinciale dell’INAM. Per motivi operativi in quegli anni, ove mi muovevo dal mattino alla sera fra gli stabilimenti di sonorizzazione e di sviluppo e stampa, ero quasi tutti i giorni al mattino presso gli uffici preposti alla censura e poi la sera ad attendere il responso, dopo le relative proiezioni, delle varie commissioni di censura al fine di poter dare il via alla stampa di quanto sopra per inviare poi il tutto, riguardante le singole pellicole, ai distributori regionali di zona che pensavano al rifornimento dei cinema; questo, ovviamente, dopo avere avuto il placet, magari con i divieti inerenti, dalla censura; placet che, informalmente, conoscevo già la sera stessa della proiezione tramite il segretario della commissione che aveva visionato il film ma che poi mi veniva ufficializzato nei giorni successivi presso il competente ufficio del ministero. L’impegno da parte mia presso la Censura cinematografica fu in quegli anni molto ma molto pressante, in quanto per ben due anni la Euro International Films fu la prima casa di distribuzione cinematografica d’Europa e per quattro anni, anche grazie alla sua ottima Casa di Produzione, la San Marco Film, risultò prima in Italia superando anche la CIC (Cinema International Corporation) che all’epoca riuniva in Italia tre veri e propri “giganti” cinematografici “made in USA” quali la Universal, la Paramount e la Walt Disney.

Fra l’altro questa mia continua presenza (mattutina e serotina) sia presso gli uffici della Censura che all’esterno delle Commissioni Censura era anche ben motivata dal fatto che all’interno della nostra grande società cinematografica (all’epoca diretta benissimo da Fulvio Frizzi – il padre di Fabrizio – il quale operava, insieme al nostro Ufficio Esteri) vi erano anche gli uffici della statunitense Avco Embassy Picture Corporation la quale, per accordi intercorsi con la Euro International Films, ci dava tutti i suoi film che voleva immettere nel circuito cinematografico italiano. Ovviamente erano tutti film in lingua straniera dei quali, chi scrive, doveva sempre realizzare la versione italiana la quale, alla fine del lavoro, necessariamente, come tutte le pellicole che uscivano in Italia, doveva passare per le cosiddette “forche caudine” della Censura che all’epoca non “scherzava” davvero, anzi, pur facendo, con professionalità, secondo le norme allora vigenti, il suo lavoro, tramite le varie commissioni all’uopo preposte. Ancora bene ricordo, per vari motivi, due gran bei film (entrambi interpretati dalla bravissima Candice Bergen) della Avco: “Soldato blu” (una delle prime pellicole piuttosto obiettive nei confronti degli indiani la quale faceva riferimento al massacro di 500 di essi effettuato da parte delle “giacche blu” a Sand Creek fil del quale dovetti alleggerire alcune scene, a dire il vero piuttosto crude dell’eccidio ivi rappresentato, al fine di avere un visto censura di divieto solo a chi aveva meno di 14 anni di età) e “Conoscenza carnale”, il quale, nonostante i tagli che mi chiese, come sempre obbligatoriamente, la Commissione di Censura, si prese, comunque, il divieto di visione per chi aveva meno di 18 anni.

Riandando all’attualità dell’abolizione della censura vediamo come dovrebbe funzionare la nuova legge la quale prevede l’abolizione delle relative commissioni di censura. Entriamo quindi più nel dettaglio: Vengono istituite quattro categorie “ciascuna proporzionata alle esigenze della protezione dell’infanzia e della tutela dei minori, con particolare riguardo alla sensibilità e allo sviluppo della personalità propri di ciascuna fascia di età e al rispetto della dignità umana”: opere per tutti, opere non adatte ai minori di 6 anni, opere vietate ai minori di 14 anni e opere vietate ai minori di 18 anni. A “valle” di ciò dato che può ben porsi il problema che i produttori dei vari film, pur di avere un maggior pubblico, possano ampliare troppo le loro “maglie morali” ecco che è stata creata, in base all’art. 3 del decreto 203 sulla tutela dei minori, una commissione di esperti preposta a vagliare i giudizi dei produttori, una commissione che ha visto la luce proprio con la firma del “decreto Franceschini”.

Come è composta tale Commissione: sono 49 i membri che ne fanno parte ed il presidente di essa è Alessandro Pajno presidente emerito del Consiglio di Stato e prevede: 14 componenti (presidente incluso) scelti fra professori universitari in materie giuridiche, avvocati o magistrati assegnati ai tribunali dei minori; 7 esperti con particolari competenze sugli aspetti pedagogico – educativi; 7 professori universitari di psicologia, psichiatria o pedagogia, 7 sociologi competenti in comunicazione sociale e comportamenti dell’infanzia e dell’ adolescenza, 7 rappresentanti delle principali associazioni dei genitori, 4 esperti nel settore cinematografico, 3 membri designati dalle associazioni per la protezione degli animali. Sono 49 qualificate persone che fanno parte della Commissione che, per rendere più snelli e veloci i lavori si dividerà in operative sottocommissioni, fermo restando che i suddetti esperti avranno il tempo massimo di venti giorni per decidere se quanto proposto dai singoli produttori dei vari film sia condivisibile o meno al fine di poter dare il via libera alla distribuzione delle pellicole con una loro specifica “bollatura” che dirà a quale pubblico sono adatte.

Certo si spera che in tal modo non si ripetano più le vere e proprie “odissee” di alcuni film del dopoguerra che soffrirono, per differenti motivi, una vera e propria “mannaia censoria”, alcuni dei quali piuttosto noti ed in proposito, come esempio, voglio citarne cinque di essi con i relativi titoli, pellicole che furono realizzate tutte fra il 1950 ed il 2000: “Totò e Carolina” di Mario Monicelli – 1955, “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti – 1960, “Ultimo tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci – 1972, “Salò e le 120 giornate di Sodoma” di Pierpaolo Pasolini – 1975, “Totò che visse due volte” di Daniele Ciprì e Franco Maresco – 1998.

Insomma la molto importante “riforma Franceschini” riguardante l’abolizione della ormai obsoleta censura cinematografica con le relative commissioni preposte le quali operavano secondo la vecchia normativa, porterà, certamente, “aria totalmente nuova” in proposito pur ben tutelando, comunque, le categorie sopra citate. Insomma non sarà un totale “libera tutti” ma un qualcosa che funzionerà cum grano salis, non riportandoci certo ai tempi della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio ove il grande scrittore dell’antichità usò, a ragion veduta, tale allocuzione.

Arnaldo Gioacchini