CIVITAVECCHIA – Si dice preoccupata l’Associazione contro tutte le mafie “Antonino Caponnetto” per la vendita dei 17 ettari di pineta della Frasca da parte dell’Arsial. “Una vendita non possibile – sottolineano dall’associazione – in quanto l’area oggetto della compravendita è un’area dichiarata di Notevole Interesse Pubblico con DM 26 marzo 1975 e 22 maggio 1985 e il Regolamento per le Regolamento regionale 20 maggio 2009, n. 7 ‘Disciplina dell’alienazione e della gestione dei beni immobili di proprieta’ dell’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio (ARSIAL)’ stabilisce esplicitamente all’art.8 che le aree di cui all’Art. 2, lettera b), ovvero le aree di pubblico interesse, tra cui quelle di particolare pregio storico e/o ambientale, come la Frasca, non possono essere cedute a privati., come invece è accaduto. Una vicenda che ha già attirato, come riportato quest’oggi dalla stampa, le attenzioni della Procura della Repubblica che ha iscritto nel registro degli indagati cinque persone per il reato di abuso di ufficio e falso”.
“Ma la cosa – proseguono dalla Caponnetto – si fa inquietante quando si scopre che la società che controlla la società acquirente è Nuova Frasca SRL, al 33,33% della sig.ra Asara Maria Bice, moglie del patron della Pulcini Group Antonio Pulcini, costruttore romano conosciuto per diverse speculazioni edilizie e recentemente tratto agli arresti domiciliari per la vicenda di un appalto legato ad un parcheggio nei pressi di Piazzale Clodio a Roma unitamente al Direttore dell’Agenzia per il Demanio della Regione Lazio e a tal Aliberti Giuseppe, guarda caso detentore del rimanente 66,67 % per il tramite della sua società GI.AL srl. Insomma personaggi decisamente non nuovi a speculazioni e cementificazioni, ben introdotti nella burocrazia regionale e avvezzi ad aggirare le norme”.
“Per questo – concludono dall’associazione – chiediamo alla Procura della Repubblica e agli uffici competenti di andare a fondo di questa vicenda, e verificare se a monte della stessa non si debba individuare un nuovo filone, magari con implicazioni locali, di quella mala gestione degli appalti che tanto ha scosso gli ambienti della burocrazia romana e regionale”.