Siria. Arresti a raffica, anche negli ospedali

siriaIn Siria la situazione va tutt’altro che pacificandosi: ai timidi e ambigui tentativi di distensione del governo centrale per aprire una fase di dialogo con le opposizioni fanno da contraltare scontri sempre più duri. Il regime siriano prosegue la campagna di arresti che nelle ultime ore ha privato della libertà centinaia di persone. Un’agenzia di stampa locale riferisce che anche l’imam della moschea di Deraa, città del sud epicentro della rivolta al governo di Bashar al Assad, sarebbe stato portato via dalle forze di sicurezza. Secondo le testimonianze che giungono dalla città ribelle, l’esercito avrebbe avviato un ritiro graduale delle truppe. Nello stesso tempo, però, più di 300 persone sono state arrestate in un sobborgo di Damasco.
L’osservatorio siriano dei diritti dell’uomo denuncia che la polizia procede ai fermi di manifestanti feriti negli ospedali per tentare di estorcere informazioni sulle proteste. Un quotidiano saudita riferisce che sarebbero circa ottomila le persone disperse o arrestate dall’inizio della rivolta.
A nord invece, addirittura la crisi, anziché circoscriversi a zone strategiche comincia a oltrepassare le frontiere con la Turchia. Nel fine settimana scorso, almeno una quarantina di siriani hanno tentato di rifugiarsi oltreconfine. Uno di loro è morto in ambulanza, per i postumi delle ferite.
Resta fitto il mistero attorno agli scontri di Jish al-Shugur, località di confine, dove il governo di Damasco ha parlato di 120 agenti di polizia uccisi. Una cifra contestata da fonti locali, per le quali gli scontri sarebbero avvenuti tra reparti fedeli al governo e gruppi di militari passati con l’opposizione.
La tv siriana mostra i corpi di alcuni del 120 poliziotti uccisi a Jish al-Shugur, una città nel nord del paese. Secondo le fonti ufficiali, nel fine settimana, gli agenti si sarebbero scontrati con gruppi armati di ribelli, ma la versione non convince del tutto.
Ad accreditare il racconto delle autorità anche le testimonianze mostrate dalla tv di stato. “Chiediamo l’invio dell’esercito, non possiamo più vivere cosi”, urlano alcuni abitanti della città. Secondo fonti ufficiali in Turchia si trovano 259 rifugiati siriani, 35 dei quali ricoverati in ospedale. Non verificati invece i dati forniti da alcune ong sul numero di vittime causate dalla repressione. Dal 15 marzo, data di inizio delle proteste, i morti sarebbero più di 1.100.