Se la rivolta trova consensi anche dove meno te lo aspetti…

siriaPer Le Figaro un inviato ha raccolto la testimonianza di un quarantenne appartenente alla piccola borghesia siriana che ha appena aderito alla protesta in corso nel paese mediorientale: “Se un mese fa mi avessero descritto quella che sarebbe diventata la situazione qua in Siria e che dimensioni avrebbe assunto la protesta li avrei presi per matti” le sue parole. Ma ormai a quanto pare da più parti comincia a serpeggiare la sensazione che il dado sia tratto: “Aderisco alla protesta in un sussulto di dignità – ha proseguito il quarantenne – contro un regime che non ha più nulla da offrire, che ci ha ingannato in questi ultimi anni sfoggiando un falso spirito riformatore”. La cosa interessante è che questo testimone, come molti altri, abita fuori dall’epicentro della rivolta e si sta dirigendo nei luoghi della durissima rappresaglia. Tutta la provincia attorno a Damasco non sta rimanendo  indifferente di fronte alla rivolta degli abitanti e in particolare contro la feroce repressione che ha da soffrire. Dalle periferie molti si mobilitano per sostenere la ribellione.
E’ interessante capire come si sia potuto organizzare in così poco tempo un movimento su vasta scala visto che da Venerdì scorso lo stato di emergenza in vigore vieta l’assemblaggio di più di tre persone in un luogo pubblico e che i servizi di sicurezza e di intelligence sistematicamente tentano di infiltrare e monitorare tutti. Inoltre scuole, università, organizzazioni giovanili, sindacati, associazioni professionali, i media, naturalmente e perfino le moschee sono sotto il controllo stretto del Partito Baath, appendice politica del regime di Hassad.
Il movimento di protesta si è inizialmente sviluppato spontaneamente e improvvisato in varie località in Siria. Ma circa da due settimane ha iniziato a prendere forma. Nuovi tansiqyat  (parola araba per “il coordinamento”) vengono creati ogni giorno in città e villaggi in tutto il paese e oltre una dozzina di loro hanno ora le loro pagine Facebook. Si tratta di Deraa, Homs, Aleppo, Tartus, grandi città, ma  coordinamenti vanno formandosi anche in vari quartieri e sobborghi di Damasco, come Duma, o Barzeh Midan, dove la protesta divampa.
A livello locale più che le ragioni diffuse della protesta hanno avuto buon gioco per i ribelli fatti del tutto locali (vista la difficoltà nel formare una rete e la caratteristica peculiarmente spontanea ed acefala della protesta siriana) come la corruzione o il malgoverno di boiardi locali o la violenza di capi della sicurezza “troppo zelanti”. E così, magari senza saperlo, (e quindi ancor più coraggiosamente) nascono magari microscopici nuclei di protesta in contemporanea su un’area diffusissima. Ovviamente la presenza a macchia di leopardo pur disorientando non spaventa certo la durissima repressione, oltre a  “le campagne di disinformazione e la manipolazione dei media”, dice  un abitante di Homs all’inviato francese.
In risposta, gradualmente, i leader delle comunità locali, come figure religiose, così come ingegneri, avvocati e medici si uniscono ai comitati di coordinamento distaccati, dando più sostanza al movimento. Svolgono la loro attività quotidiana sul campo, integrata dagli attivisti online, che hanno il difficile compito di dare a questa bislacca onda popolare una coesione e un indirizzo strategico nazionale, ad esempio collegando i vari coordinamenti, veicolando le informazioni e gli appelli; ma i video vengono inviati anche tramite Sms o messaggi privati o sulla comunità online di Facebook, i cui membri si trovano all’interno e all’esterno del paese. Così la pagina “Rivoluzione Siriana 2011”, la più grande rete sociale della rivoluzione, è alimentata direttamente dai suoi 120.000 membri e lancia le parole d’ordine della mobilitazione. Per chi fosse interessato ecco il link http://www.facebook.com/Syrian.Revolution