Negli ultimi dodici mesi Jafar Panahi e Mohammad Rasoulof sono diventati simbolo della repressione artistica in Iran. Dopo la contestata rielezione di Mahmoud Ahmadinejad nel giugno 2009, sono stati accusati di aver tentato di preparare film ostili al governo iraniano e arrestati il 1 marzo 2010. Lo scorso dicembre i due registi erano stati giudicati colpevoli di “assemblea, collusione e propaganda contro il regime” e condannati a sei anni di prigione, divieto di fare film per 20 anni, o di lasciare il paese. Entrambi hanno fatto appello. Ed hanno continuato con l’unica cosa che sapevano fare: filmare. “Il film di Panahi è prima di tutto un diario personale, in cui racconta la sua vita in questi ultimi mesi”, dice Thierry Frémaux, delegato generale del festival di Cannes. “Per 75 minuti, vediamo un uomo condannato che viene a patti con il proprio destino, ma sentiamo anche l’ansia del regista.” Nel suo film di 100 minuti Rasoulof invece racconta la storia di un giovane avvocato, interpretato da Leyla Zareh, che incontra ogni tipo di difficoltà nel cercare di lasciare il paese.
Ora, i film due film, girati in condizioni di semiclandestinità in Iran, sono usciti dai confini nazionali su una pennetta usb e su un dvd e parteciperanno al festival del cinema di Cannes.
Questa non è la prima volta che il festival di Cannes presenta il suo sostegno al cineasti iraniani. Un anno fa il festival ha invitato Panahi, al momento in carcere, a far parte della giuria. Il regista è stato rilasciato su cauzione il 25 maggio dopo aver trascorso tre mesi in carcere e infliggendosi uno sciopero della fame di una settimana. Inviti simili sono state formulati anche dal Festival di Venezia e il Festival di Berlino.
Jafar Panahi, 50 anni, è una delle figure più influenti della new wave artistica iraniana. Sottolineando le disuguaglianze e la mancanza di libertà in Iran, i suoi film sono banditi dal governo iraniano, ma vengono regolarmente premiati nei festival internazionali: si annoverano in tal senso la Camera d’Or 1995 a Cannes per “The White Ballon”, il Leone d’Oro a Venezia per “The Circle” nel 2000, l’Orso d’Argento al Festival di Berlino per “fuori gioco” nel 2006.
Anche se più giovane (è nato nel 1973) e meno noto di Panahi, Mohammad Rasoulof è stato anch’egli un feroce critico del governo iraniano. E’ stato regista di sei cortometraggi ed è al suo primo lungometraggio.
Un segnale importante di come l’arte e il cinema in particolare possano raccontare la realtà vivendola, possano essere soggetti ed anche oggetti narranti. La storia Panahi e Rasoulof è un soggetto perfetto per una bellissima storia che parla di libertà.