Qualcuno ha ancora il coraggio di chiamarla Riforma?

scuolaVoglio raccontare in poche righe quello che nessuno, tranne sparute eccezioni, sta raccontando su questo inizio di anno scolastico 2011-2012. Un nuovo anno di cui sembra non esserci traccia nella percezione collettiva dell’opinione pubblica, complici una cappa di silenzio calata dagli organi di informazione nazionale e la solita dorata rappresentazione fornita dal Ministro Gelmini e dal suo apparato, che hanno dipinto questo avvio di scuola come sempre all’insegna dell’efficienza e della normalità. Credo di poter affermare senza ombra di smentita che ci troviamo di fronte al peggior inizio di anno scolastico di sempre dal Dopoguerra ad oggi, per problemi, carenze, criticità che mai si sono sommate nell’istruzione pubblica italiana in modo così consistente e drammatico. Niente si dice ad esempio della terza disperata tranche di tagli di organico che quest’anno, grazie ai famosi 8 miliardi di euro “razionalizzati” da Tremonti senza colpo ferire della Gelmini con la ormai famigerata legge 133 del 2008, sottraggono ulteriori 30.000 posti di lavoro nella scuola italica. Dopo aver colpito maestri elementari e docenti delle medie il primo anno, docenti delle superiori il secondo, la mannaia si è principalmente abbattuta quest’anno sul personale Ata e sui docenti di latino e greco nei licei. Altre migliaia e migliaia di persone ritrovatesi a settembre senza lavoro nell’indifferenza generale. Forse perché la disoccupazione nella scuola italiana non fa più notizia? E’ davvero sconsolante pensarlo. Ma quest’anno la Gelmini ha assunto 30.000 docenti in più, obietterà qualcuno. Una bufala, anche questa mascherata ad arte dalla politica e dall’informazione di Stato, perché non si è creato alcun posto di lavoro in più, si sono semplicemente stabilizzati 30.000 docenti precari a fronte peraltro di un numero maggiore di pensionamenti. E questo piccolo dettaglio taciuto da tutti, ovvero meno insegnanti assunti rispetto a quelli pensionati, fa tornare i conti sui tagli.
Ma sono tagli, o meglio, razionalizzazioni indispensabili per far funzionare meglio la scuola e a migliorare la didattica, obietterà qualcun altro.
Voglio raccontare allora quanto sta accadendo in questi giorni nella scuola dove attualmente e non so fino a quando sto insegnando: l’Istituto comprensivo Don Milani di Cerveteri, con sede a Valcanneto, scuola elementare e media accorpate in un unico istituto.
Alla data del 18 ottobre l’organico non è ancora completato; il Provveditorato, infatti, dal 1 settembre ad oggi non ha ancora terminato di assegnare alcune cattedre dalle graduatorie ad esaurimento. Solo ieri, ad esempio, ha preso servizio la nuova docente di educazione fisica. Nel frattempo la scuola, per non ritrovarsi con le classi scoperte, ha nominato supplenti attraverso le graduatorie di istituto. Ma alcuni di loro, dopo anche un mese di lavoro, hanno dovuto fare le valigie per lasciare posto ai docenti nominati nel frattempo dal Provveditorato. In sostanza è accaduto il contrario di quanto dovrebbe avvenire normalmente: prima nomina il Provveditorato e poi la scuola sulle cattedre rimaste non assegnate. E’ andato tutto all’opposto con grave danno per gli alunni, che si sono visti cambiare il docente dopo un mese di lavoro, e per i docenti sostituiti che, rifiutando magari altri incarichi in altre scuole mentre stavano lavorando, si sono ritrovati in mezzo a una strada.
In Italia ci sono più bidelli che carabinieri, è l’abusato ritornello che si sente spesso in televisione da parte di quei politici che vogliono giustificare i tagli della Gelmini. Nel plesso di Valcanneto i bidelli in servizio sono due nelle prime ore della giornata, tre in quelle successive: quando sono in due, divisi per i rispettivi corridoi, se il collaboratore scolastico che staziona all’ingresso deve accompagnare un alunno in una classe, o consegnare le circolari ai docenti, o inviare fax dalla sala insegnanti, non può al tempo stesso rispondere al telefono o al citofono, che spesso suonano ininterrottamente, senza che nessuno possa aprire, visto che l’altro collaboratore si trova dalla parte opposta del plesso.
La situazione sarà migliore nelle classi? La drastica riduzione delle compresenze alle elementari, per effetto del maestro unico, e la totale soppressione delle cosiddette ore a disposizione alle medie produce ogni giorno un effetto drastico: l’impossibilità di sostituire con altro personale un insegnante assente (cosa che su un corpo docente di 60 elementi capita quotidianamente). Cosa succede dunque quando manca un maestro o un insegnante? La sua classe viene smembrata e dirottata a gruppi di 4-5 in altre classi. E se manca più di un insegnante si dirottano anche gruppi di 8-9 alunni in altre classi, con il docente di turno che si ritrova a dover tenere a bada più di 30 alunni. Addirittura capita che un docente delle medie, per necessità, debba accogliere in classe bambini delle elementari e che bimbi di 6 anni si ritrovino per diverse ore fianco a fianco con ragazzi di 13 o 14 anni. A quel punto l’insegnante deve letteralmente inventare la lezione e pensare soprattutto a controllare gli alunni piuttosto che a insegnare.
C’è poi la questione dell’ora alternativa alla religione, materia che già dallo scorso anno incide nella media della valutazione finale con il docente che partecipa al voto di scrutinio degli alunni. Nel plesso di Valcanneto, così come in altre migliaia di scuole italiane, l’ora alternativa non viene insegnata, nonostante debba figurare in pagella. Con la soppressione delle ore a disposizione, infatti, non c’è personale che possa insegnarla. Gli alunni che non frequentano l’ora di religione vengono parcheggiati in altre classi. Ma soprattutto hanno un voto in meno in pagella e, cosa ancora più grave, un docente in meno che partecipa al loro scrutinio a fine anno. Una situazione legale?
Un’ultima chicca, ma ultima solo per non tediare ulteriormente i lettori e porre fine ad un articolo già lungo: nel mese di novembre, o forse dicembre, tutte le cattedre assegnate direttamente dalle scuole e non dal Provveditorato verranno riassegnate da capo, in virtù dell’aggiornamento del punteggio che si effettua ogni due anni. Una operazione che solitamente si svolge a giugno ma che quest’anno il Ministero ha reso possibile solamente ad agosto, a ridosso dell’inizio dell’anno scolastico. Logica conseguenza: le nuove graduatorie sono state approntate solamente ora. Il che significa che, dopo due mesi e passa di scuola, e con la programmazione dell’anno scolastico ormai presentata ed approvata, diversi docenti in virtù dei nuovi punteggi dovranno lasciare le loro classi e ne verranno nominati di nuovi. La misura colpirà principalmente gli insegnanti di lettere che, come noto, insegnando italiano, storia e geografia, coprono il 30% del monte orario settimanale di una classe. Gli alunni si ritroveranno in molti casi in tutta Italia con insegnanti nuovi a ridosso di Natale, ricominciando tutto da capo.
L’ultimissima perla riguarda i programmi. In storia, nella seconda media, i cervelli del Ministero hanno deciso che, nonostante la riduzione da 3 a 2 delle ore settimanali di insegnamento della materia, gli alunni devono studiare gli eventi accaduti dalla scoperta dell’America fino all’Unità d’Italia e non più fino alla Rivoluzione francese; in geografia, invece, riducendo da 2 a 1 le ore settimanali di insegnamento della materia, si è lasciato inalterato il programma: l’intero studio fisico-politico dei continenti con l’aggiunta di elementi di scienze delle Terra.
Qualcuno ha ancora il coraggio di chiamarla Riforma?

Marco Galice