CERENOVA – Quando intervengono importanti ed imponenti interessi privati, i diritti dei cittadini finiscono troppo spesso per essere calpestati, o strumentalizzati. E’ quanto rischia di accadere alle migliaia di firmatari per il Referendum di Cerenova e Campo di Mare. La scelta di cambiare la richiesta referendaria, dal voler istituire un “nuovo autonomo comune” a quella di volersi invece “staccare” per diventare una “frazione” del Comune di Ladispoli, a quanto pare potrebbe rendere vano ogni sforzo. La legge regionale invocata (l.r. n. 19/1980) presenta infatti una lacuna importante: prevede che una o più frazioni possano staccarsi per formare un nuovo comune, oppure, che due o più comuni possano unirsi o aggregarsi ad un comune contermine. Ma non disciplina più l’ipotesi che una frazione si stacchi per annettersi ad altro Comune già esistente (a differenza delle leggi di altre regioni sulla medesima materia). Tale fattispecie, originariamente prevista alla lettera d) dell’art. 1, venne infatti cassata dalla Corte Costituzionale per ragioni legate alle popolazioni da coinvolgere nel Referendum. La Regione tuttavia, che pur intervenne successivamente sulla stessa legge, non ritenne di dover ripristinare tale ipotesi. Una mancanza di forma, quindi, che potrebbe tuttavia comportare complicazioni inattese. Al di là dei cavilli giuridici, e per essere chiari fino in fondo, a quel Referendum voterei comunque “No”. Per due ragioni di fondo: primo, Cerveteri “è” Cerenova, Cerveteri “è” Campo di Mare, e il mare è parte fondamentale della sua storia, della sua identità. Secondo, mi rifiuto di credere che il problema possa essere di tipo culturale: l’assunto che Ladispoli sarebbe “meglio” di Cerveteri non vuol dire nulla, rappresenta solo una semplificazione infondata e strumentale; il punto, piuttosto, sta nella qualità della classe politica che si elegge, e questo è un dato non predeterminabile, né a Cerveteri, ma neppure a Ladispoli. Detto ciò, e sorvolando sulle inevitabili speculazioni politiche che seguiranno l’epilogo della vicenda, ritengo ben più utile e importante evidenziare alcuni fatti oggettivi, affinché ognuno possa trarne propri autonomi giudizi. Punto primo: quelle migliaia di firme rappresentano un grido di indignazione senza precedenti contro la vecchia classe politica che ha sempre relegato la frazione marina a terra di conquista di voti in campagna elettorale, ma non ha mai saputo (o voluto) trovare soluzioni concrete al suo degrado progressivo e imperante. Punto secondo: nella frazione insistono imponenti interessi economico-urbanistici contrapposti, che di fatto rappresentano il tappo ad ogni ipotesi di soluzione. Ed è ciò che normalmente accade quando sono gli interessi a guidare la politica, e non viceversa. Punto terzo: i limiti territoriali che si vogliono mettere a referendum vanno ampiamente al di là dei confini della frazione stessa, e comprendono terreni in cui insistono ulteriori importanti interessi come i Patti Territoriali, la Cantina Sociale, la Zona Artigianale, le terme di Pian della Carlotta. Verrebbe da chiedersi cosa c’entrino tutti quei terreni con i problemi che attengono invece alla vivibilità dei centri abitati, legati all’illuminazione, all’acqua potabile, alle strade o alla manutenzione del verde. Punto quarto, la scelta dell’annessione a Ladispoli, che fra l’altro rischia di rappresentare la causa del fallimento dell’iniziativa, porta con sé, come già visto, una palese contraddizione e nessuna garanzia. Punto quinto: le dichiarazioni del Sindaco di Ladispoli (ben felice di supportare questa annessione), le uscite di Ramazzotti (che oggi si vergogna di essere un amministratore comunale e che vorrebbe fare un altro referendum per annettere l’intera Cerveteri a Ladispoli), il silenzio del Sindaco di Cerveteri Ciogli (responsabile del pesante degrado della frazione di questi ultimi anni e già sostenitore della strampalata idea dell’annessione dei due comuni), lasciano intendere un’ambigua convergenza di intenti. Troppe coincidenze per non sospettare che i primi attori di una vetusta casta da prima repubblica stiano in realtà recitando tutti un medesimo copione, stranamente incentrato intorno ai soliti interessi, piuttosto che alle esigenze più “terrene” dei cittadini, i cui disagi rischiano di diventare nulla più che il pretesto, lo strumento, per arrivare a ben altri obiettivi. Uno scenario che rappresenterebbe la beffa, dopo il danno, per le migliaia di cittadini che invece hanno creduto in un progetto (le ragioni del distacco), che da solo può ben rappresentare un ottimo punto di partenza per un programma di governo della frazione. Ma allora, visto il moltiplicarsi di appelli, pienamente condivisibili, all’impegno comune contro la solita casta politica che ha messo in ginocchio l’intera città (perché se Cerenova e Campo di Mare piangono, Cerveteri, Valcanneto e tutte le altre frazioni di certo non ridono), mi chiedo perché questo straordinario movimento non si organizzi diversamente, liberandosi dell’abbraccio fatale di certi falsi amici, e cominciando piuttosto ad incontrare quelle forze sane della città che vogliano finalmente mettersi in gioco per divenire insieme protagonisti di una vera svolta politica e culturale per tutto il territorio.
Juri Marini
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