E’ sempre più alta la tensione a Tel Aviv fra l’amministrazione e la comunità musulmana dopo che ieri un incendio doloso ha distrutto una moschea in Galilea; il gesto è stato perpetrato da estremisti di destra o da coloni ultrà. Benyamin Netanyahu ha subito condannato duramente il gesto, anche per cercare di tamponare sul nascere l’indignazione montante. Similmente Shimon Peres si è recato di persona sul posto ad esprimere la solidarietà del governo.
L’attentato ha inasprito ulteriormente, come se ce ne fosse bisogno, i rapporti tra la comunità araba e gli israeliani più nazionalisti e le prime conseguenze non si sono fatte attendere: all’alba nel villaggio beduino di Tuba Zangaria, dove è avvenuto il fatto, sono comparse scritte lasciate sui muri probabilmente dagli attentatori che ricordavano il linguaggio dei coloni ultrà attivi nella Cisgiordania.
Immediatamente Netanyahu ha chiesto al servizio di sicurezza interno di dare la massima priorità alla ricerca dei responsabili che, con una serie crescente di provocazioni, rischiano di destabilizzare la situazione nei Territori: le immagini dei testi sacri islamici carbonizzati all’interno della moschea rischiano di fare il giro del paese e le conseguenze potrebbero essere molto gravi. A quanto pare lo Shin Bet ha già fermato alcune persone sospette. Al tempo stesso la polizia ha elevato lo stato di allerta: non solo per far fronte a possibili manifestazioni di collera araba, ma anche per prevenire nuovi attacchi di estremisti a luoghi di culto islamici.
Contemporaneamente a questo grave fatto il segretario della difesa Leon Panetta, ospite in questi giorni in Israele, ha invitato Peres e Netanyahu a rompere l’isolamente diplomatico che ormai si fa serrato attorno allo stato giudaico: “La superiorità militare non basta: occorre accompagnarla con iniziative diplomatiche coraggiose”. Subito dopo Panetta da Ramallah ha anche spronato i palestinesi a riprendere le trattative di pace con Israele.
Panetta si attende da Israele e dalla Palestina iniziative diplomatiche efficaci ed energiche, allo scopo di ridurre la crescente instabilità regionale. Un concetto espresso peraltro dallo stesso ministro della Difesa, Ehud Barak, ancora negli ultimi giorni. Ma nel governo esistono anche forti resistenze: allo stato attuale Netanyahu può al massimo e con grande difficoltà tentare di rimettere in moto i negoziati. Ma qualora si entrasse nella sostanza, il suo spazio di manovra secondo gli analisti politici sarebbe molto limitato e rischierebbe di andare contro la sua stessa maggioranza, trovandosi in un pericoloso isolamento politico.