CIVITAVECCHIA – La Processione del Cristo Morto resiste alla crisi economica, sociale e culturale. E si conferma tradizione sentitissima dai civitavecchiesi, anche ieri scesi in massa nelle strade per assistere al secolare evento religioso organizzato con la solita impeccabile perfezione dall’Arciconfraternita del Gonfalone. Serata abbastanza mite ma comunque fresca quella che ha fatto da contorno all’immancabile rito del Venerdì santo, con il corteo partito puntuale da Piazza Leandra alle 20:30, tra due ali di gente assiepata ai bordi delle strade. Sempre con atteggiamento di rispetto e devoto silenzio, anche se quest’anno non sono mancati gruppi di più o meno giovani persone intente a disturbare la magica e austera atmosfera della Processione con il loro poco educato vociare da allegra comitiva alle spalle degli spettatori; forse l’unico aspetto negativo di una serata comunque perfetta ed emozionante. A catalizzare l’attenzione, come sempre, tra misteretti, legionari e capucci neri dell’Orazione e Morte, i penitenti con catene ai piedi e croci sulle spalle, tantissimi anche quest’anno: circa 220, un numero in progressivo aumento rispetto agli scorsi anni, a confermare una tradizione che comunque resta fortemente radicata nel tessuto cittadino, come testimoniano i tantissimi giovani che hanno sfilato sotto i cappucci, raccogliendo l’eredità che genitori e nonni, ormai per limiti di età e di resistenza fisica, hanno lasciato nelle loro famiglie. Ad accompagnarli, con le struggenti note della Marcia funebre di Chopin le due bande cittadine Ponchielli e Puccini, che hanno aperto e chiuso il corteo. Poi atteso come sempre, il rientro della Processione in Piazza Leandra, con la salita di via Piave affrontata di corsa da tutti i carri, ultimo dei quali quello del Cristo Morto accolto dal consueto incitamento e fragoroso applauso della piazza gremita. L’epilogo da brividi di una tradizione che, nonostante tutto, resiste ancora integra nel cuore dei civitavecchiesi.