CIVITAVECCHIA – All’indomani di ogni tornata elettorale – e questa volta abbiamo avuto in aggiunta anche i referendum – tutte le forze politiche premiate dagli elettori dichiarano il loro fermo proposito di cambiamento, nonché la convinzione che per un recupero dell’autentico valore della politica occorrano uomini nuovi, idee nuove e linguaggi nuovi. Ebbene, sono anni ed anni che ascoltiamo propositi del genere ma mai ci è capitato di cogliere segnali di realizzazione di queste buone intenzioni, che dobbiamo ormai valutare alla stregua di piacevoli ritornelli.
Così vanno le cose all’interno delle formazioni politiche, così vanno in seno al Consiglio Comunale.
E d’altro canto, in questa Italia delle caste e delle corporazioni i cambiamenti vanno accortamente gestiti. Auspicabili, necessari, spesso indispensabili: costituiscono un alimento irrinunciabile del sistema democratico rappresentativo. Ma bisogna stare attenti a farli in meglio questi cambiamenti, e a non cadere dalla padella nella brace, perché se l’obiettivo del cambiamento non coinvolge appieno tutti i cittadini si rischia di ricavarne non benefici ma danni.
L’esperienza ci insegna che molto spesso i cambiamenti non hanno sortito l’effetto sperato, anzi il sistema scaturito dal genere di cambiamento introdotto è stato più pesante e inefficiente di quello che è stato abolito, e certo non meno costoso per la collettività. E ha prodotto un esito addirittura contrario a quello voluto.
Perché un risultato tanto deludente?
Perché molte volte, anzi troppo spesso – questa è almeno la nostra opinione – i cittadini arrivano al momento dell’espressione del voto senza svolgere una analisi attenta, seria e obiettiva dei programmi, che invece devono essere credibili, affidabili e praticabili. E soprattutto senza tenere presenti gli elementi che vanno tenuti presenti per giudicare nel bene e nel male le persone che si candidano a svolgere un servizio che è eminentemente di natura politico-amministrativa. Molto spesso, anzi troppo spesso, ci si fa guidare nella scelta dallo spirito di appartenenza e dall’impulso ideologico che suggeriscono soltanto una contrapposizione a prescindere. Perché a volte – confessiamolo – la polemica ci appaga più di un ragionamento calmo e obiettivo. Ci fa sentire più forti mentre un ragionamento calmo e obiettivo pone magari in discussione le nostre tesi e le nostre radicate convinzioni che rischiano di essere confutate. E questa è una evenienza che non tutti sono disposti ad accettare.
Quello delle votazioni dev’essere invece il momento decisivo, quello in cui si può dimostrare che si è stufi del clima rissoso di guerriglia permanente che caratterizza il confronto-scontro della politica. E’ il momento in cui ci è concesso di far emergere le persone dotate di apertura mentale, equilibrio, moderazione, capacità di ascolto e collaborazione unita a quella di assumere autonome decisioni, di rappresentare le istanze dei cittadini ma allo stesso tempo di orientare le scelte, tanto meglio se fornite di competenze generali o specifiche in campo amministrativo.
E’ con tale atteggiamento – che presuppone il ricorso al dialogo e la volontà di affermare un discorso di verità volto a promuovere la reciproca comprensione – che si mettono in moto quei cambiamenti capaci di sostenere la costruzione di un futuro migliore, carico non solo di prospettive ma anche di risultati che stiano lì a dimostrare che crescere si può e sperare in un futuro migliore pure. Che la politica può lasciare spazio, volendolo, persino all’utopia.
Purché si pongano in essere i comportamenti coerenti con tale impegnativo obiettivo.
Il Consiglio direttivo del Polo civico






