Immaginate un diverso Israele. Non vi è alcun B’ Tselem, nessun Breaking the Silence, non un solo gruppo di Anarchici contro il muro di Gaza, nessun Gush Shalom. Non vi è alcun New Israel Fund e nessun piccolo gruppo di intellettuali radicali e dissidenti, figurarsi poi giornalisti.
La poca simpatia che Israele riceve ancora lo deve a questi gruppi. La campagna di delegittimazione nei suoi confronti, la si deve a gente come Avigdor Lieberman e Israel Beitenu, a Benjamin Netanyahu e al diluvio di leggi anti-democratiche, all’illimitato gonfiamento di forze di difese per i coloni che hanno tanto il sapore di forze di occupazione. Un solo giorno dell’operazione “Piombo fuso” ha danneggiato Israele più di tutti gli articoli di critica messi insieme.
Il fatto che ci sono israeliani che non hanno rinunciato alla critica non può che aver dato credito ad Israele nella politica internazionale e negli ambienti culturali, ha dimostrato che un altro futuro per il medioriente è possibile. Provate a immaginare come Israele apparirebbe senza di loro: la Corea del Nord.
Gydeon Levi, uno di questi giornalisti e intellettuali che lanciano raggi di luce sulla situazione israelo, palestinese circa due settimane fa è stato invitato alla Settimana del libro ebraico a Londra, a seguito della pubblicazione in inglese del suo libro “La punizione di Gaza”. L’istituzione ebraica in Gran Bretagna ha minacciato di boicottare l’evento, gli organizzatori hanno ritenuto utile assumere guardie di sicurezza e hanno cercato il più possibile di blindare il pacifista per non farlo dialogare coi suoi connazionali a Londra, Gydeon Levi testimonia che c’erano “circa 500 persone, prevalentemente ebrei, riempivano la sala; le domande e, soprattutto, l’atteggiamento, esprimeva nei miei confronti grande simpatia . Ho parlato, come faccio sempre, contro l’occupazione, le ingiustizie che fa Israele ai palestinesi, contro gli attacchi alla democrazia israeliana che i super falchi portano avanti indegnamente e di come sull’argomento ho scritto centinaia di articoli che sono stati pubblicati su Haaretz in ebraico e in inglese”. La cosa incredibile è che come in molte altre apparizioni pubbliche all’estero di un intellettuale israeliano schierato sul fronte della pace ”una ‘spia’ da parte dell’Ambasciata di Israele è stata inviata all’incontro – racconta il giornalista – l’ambasciata ha rapidamente inviato una relazione al Ministero degli Esteri a Gerusalemme, e il Ministero degli Esteri rapidamente ha lasciato trapelare ad un noto quotidiano, alcune parti del mio discorso che è stato ulteriormente censurato e decontestualizzato prima di essere pubblicato” et volià: gogna pubblica ed incriminazione di un dissidente.
Nel paese della macchina del fango e della “struttura Delta” questa storia di ordinaria infamia serve a ricordare che in determinati contesti i dissidenti non hanno bisogno di chiedere scusa al loro paese per niente; anzi, senza saperlo il loro paese gli deve molto: sono la forza che sta salvando la sua immagine nel mondo.