CIVITAVECCHIA – Quinto appuntamento con l’inchiesta di Centumcellae News sui “Cervelli in fuga da Civitavecchia”. Anche stavolta restiamo fuori dall’Italia, in Scandinavia, e a raccontarci la sua storia è Alessandra Galiani, 35enne civitavecchiese laureata in lingue che, dopo una lunga formazione all’estero, ha fermato per il momento la sua vita e i suoi affetti in Svezia.
Alessandra, quando hai lasciato Civitavecchia?
“L’ho lasciata varie volte. La prima è stata nel 2000, quando ho trascorso il periodo della tesi a Berlino. Poi nel 2002, quando mi sono trasferita prima in Toscana e poi a Londra per lavoro. L’ultima volta è stata nel 2009. Ho sposato un uomo svedese e abbiamo deciso di vivere a Stoccolma”.
Eri già stata fuori per altri periodi di tempo? Per che genere di esperienze?
“Prima ancora di Berlino avevo partecipato a programmi di studio e studio/lavoro in Inghilterra e in Austria. Sono sempre stata una con la valigia pronta all’ingresso! La Laurea in Lingue poi ha favorito il mio spirito d’avventura”.
Che genere di formazione hai seguito fuori Civitavecchia?
“Dopo la Laurea in Lingue ho conseguito un Master in direzione alberghiera a Roma. Ho lavorato nel turismo nel Chianti e a Londra. Qui ho seguito un corso in Scienze politiche e Storia alla University of London. Anche a Stoccolma ho lavorato nel settore turistico. Qui ho conseguito l’attestato di svedese come seconda lingua e dei corsi in economia. E ne aggiungerò altri. Su c’è un’offerta vastissima di corsi, soprattutto per adulti. Tutti gratuiti – statali – e frequentatissimi. La formazione e il continuo aggiornamento sono visti come un valore importante per la crescita individuale e, di conseguenza, nazionale. Un Paese dove la conoscenza e la cultura sono diffuse e fruite quotidianamente è una garanzia di sviluppo e benessere e anche di maggiore partecipazione civica”.
Hai sempre visto il tuo futuro lavorativo fuori da Civitavecchia?
“L’esperienza lavorativa più importante l’ho vissuta a Civitavecchia, in un’agenzia marittima, la Medov. Lì ho avuto l’opportunità di crescere e di esprimere al meglio le mie capacità. Anche nel settore alberghiero le opportunità migliori mi sono state offerte in Italia. Molti italiani costruiscono brillanti carriere all’estero, io ho ricevuto le migliori offerte di lavoro in Italia. Un caso raro forse”.
In Svezia hai trovato la tua dimensione o pensi di spostarti ancora?
“La Svezia è il Paese dove sto costruendo la mia famiglia e dove è nato mio figlio. Nonostante ciò l’atteggiamento nei confronti della vita e dei rapporti umani è molto distante dal nostro. Per il momento ne apprezzo il welfare e cerco di imparare il loro senso della correttezza e partecipazione democratica, ma spero di riuscire a tornare in Italia prima o poi”.
Credi che tornerai un giorno a Civitavecchia per lavorare? La prospettiva ti piacerebbe?
“A Civitavecchia ho gli affetti più cari e un bel ricordo della mia esperienza lavorativa, ma una volta vissuto fuori è difficile immaginarsi di nuovo in questo contesto”.
Cosa consiglieresti ad un giovane civitavecchiese che volesse trovare al sua strada? E’ dura fare la valigia?
“Dipende da come si è. Per me non è stato difficile, è stato un fatto naturale seguire la mia curiosità per il mondo e per le altre culture. Fuori Civitavecchia c’è un mondo enorme pronto ad offrire sfide ed opportunità per crescere e migliorarsi professionalmente e personalmente. Senza dubbio consiglierei di provare ad annusare cosa c’è fuori di qui”.
Vedi quello civitavecchiese come un tessuto sociale solido e in grado di offrire possibilità professionali?
“Io ho vissuto questa città a gocce, un porto da cui partire per vivere le mie esperienze e a cui tornare per rivedere facce familiari. Da quello che mi raccontano amici e parenti è una città difficilissima da vivere oggi. L’offerta lavorativa è scarsissima, la politica gestisce il mercato del lavoro, i servizi per le famiglie sono molto cari e di bassa qualità. Soprattutto avverto un senso di sfiducia e di pessimismo per il futuro. Questo credo che sia letale, non credere nel futuro. Impegnarsi per un futuro migliore è linfa vitale per lo sviluppo di una società, ma qui c’è un senso di assuefazione ad un sistema in cui non ci si riconosce. In altri posti non è così. Anche senza andare troppo lontano, in Toscana, a due passi da noi, c’è una partecipazione sociale più sentita, le persone sanno che il bene pubblico è di tutti e di ciascuno, per questo lo curano e lo amano”.
Ogni tanto torni in città a salutare la tua famiglia. Come hai visto cambiare Civitavecchia in questi anni dal punto di vista sociale e amministrativo?
“Beh, vivo la città da turista ormai. La trovo sporca, sciatta. Vedo che partono progetti che vengono lasciati a metà, come la Marina. Grandi opere lasciate nell’incuria e nella trascuratezza. Si vede che non c’è un progetto chiaro all’origine. Noto invece con piacere una maggiore attenzione per i bambini, il parco giochi del Pincio è un riferimento importante, è pieno di famiglie. D’altra parte, camminare con un passeggino o su una sedia a rotelle è impossibile in questa città. A volte ho l’impressione di trovarmi in una cittadina del profondo Sud, a pochi passi dal Terzo Mondo. Altre volte, lungo la passeggiata del Pirgo, con i turisti che popolano e colorano i numerosi locali, i profumi dell’estate, le luci, le palme, sembra quasi di stare a Cannes!”