La storia dimenticata degli internati militari nei lager ad Allumiere il 26 aprile 2023

ALLUMIERE – Cultura, storia ed emozioni. Mercoledì 26 aprile, alle 17.45, sarà presentato al Palazzo della Reverenda Camera Apostolica ad Allumiere il libro “I militari italiani nei lager nazisti. Una Resistenza senz’armi 1943-1945” (Il Mulino), scritto da Mario Avagliano e Marco Palmieri. Il libro, che sta riscuotendo grande successo, è giunto già alla sua sesta edizione.

Nel volume si racconta la vicenda di circa 650 mila militari che dopo l’armistizio dell’8 settembre si rifiutarono di continuare la guerra al fianco dei nazisti e dei fascisti. Avagliano e Palmieri hanno raccolto storie e testimonianze e anche la musica è protagonista, perchè tra i militari internati c’erano i genitori di artisti italiani famosi come Vasco Rossi, Albano, Francesco Guccini, ma anche personaggi famosi del dopoguerra, come Alessandro Natta e Giovannino Guareschi.

Come ha scritto Luca Bottura su Repubblica, «è un libro bellissimo, necessario. Di molti saggi, per nobilitarli, si dice che sembrano romanzi. Non è quasi mai vero. Questo è uno dei rari casi».

Il viaggio verso i lager è terribile, stipati in vagoni bestiame. «Alle sofferenze dello stomaco – scrive il sottotenente calabrese Antonio Zupo – si aggiungono quelle per dolori dovuti alla posizione sempre eguale degli arti inferiori. Si dorme seduti quando si può e si respira affannosamente per l’acido carbonico della stufa».

La scelta di non aderire alla Repubblica sociale di Mussolini costa agli internati la deportazione nei lager, la fame, il lavoro coatto, le violenze dei carcerieri. Il campano Remigio Cardone racconta che un suo commilitone, Agostino, di Benevento, per aver rubato un salamino in una fabbrica alimentare, viene ucciso dalle guardie: «Chella sera, poi, mentre uscivamo, al cancello, ci hanno perquisito e a chisto c’anne truate u salamino; i soldati l’erano fucila ma comunque, anziché fucilarlo, ci hanno dato venticinque legnate a carni nude, finché nun l’hanno ammazzato».

Giovanni Rotolo, internato militare originario di Cava de’ Tirreni, catturato in Grecia, ricorda che a Belo Polje in Serbia, «appena dopo la sveglia, venivamo riuniti a gruppi numerici di fronte all’ingresso del fabbricato», ma prima «che fossero definite le diverse dislocazioni, gli ufficiali [tedeschi] si dilettavano a tirare a segno con la pistola sulla massa inquadrata di noi prigionieri; e quando le grida, le invocazioni e i lamenti dei prigionieri colpiti riempivano l’aria di strazianti risuoni, i tiratori si gloriavano di aver fatto centro con beffarde risate. Chiunque si fosse mosso a prestare soccorso ai malcapitati, sarebbe stato ugualmente passato per le armi. Nei circa 4 mesi di permanenza sul luogo, i caduti per il quotidiano dileggio dei tedeschi raggiunsero il numero di circa 200, sepolti in un campicello poco distante, senza alcun segno distintivo».

L’ultimo capitolo del ibro è dedicato alla liberazione degli internati. Libertà che innanzitutto vuol dire essere «ritornato – si legge al 5 aprile nel diario del capitano Tommaso Melisurgo, di Avigliano (Potenza) – alla vita, son ritornato un uomo libero, un capitano dell’Esercito Italiano che ha fatto il suo dovere sul campo di battaglia».

“Avagliano e Palmieri – come ha scritto Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera -, con il consueto rigore storico che li contraddistingue e un sapiente uso della diaristica e della corrispondenza coeva, per lo più inedita o scarsamente conosciuta, ci conducono per mano in un appassionante viaggio nel mondo degli Imi, che ci fa scoprire aspetti nuovi o poco noti, dal loro bagaglio di umanità alla capacità e al coraggio di resistere a tutte le avversità, raccontando attraverso le storie individuali la storia collettiva dei 650mila internati militari italiani”.