“Storia del nostro nascondino”: la vita di strada raccontata da Michele Capitani

CIVITAVECCHIA – E’ in libreria dallo scorso dicembre, e sta riscotendo successo di critica e di pubblico, “Storia del nostro nascondino” (Bertoni editore, Perugia 2019), ultimo lavoro di Michele Capitani.

Si tratta del terzo romanzo realizzato dallo scrittore civitavecchiese, dopo “L’uomo che dribblava i treni. Storie di un’umanità senza dimora” e “Romanzi non scritti. Drammi e salvezza nelle storie dei senza fissa dimora”, incentrati sul tema della vita di strada. Argomento a cui Capitani si è avvicinato da tempo con profonda sensibilità e creatività.

Questo suo terzo lavoro si può definire un romanzo sull’assenza. I personaggi si celano, si svelano a fatica, e la stessa protagonista dovrà intraprendere un cammino per non nascondersi più (lei e il suo vissuto) a sé stessa. È anche la vicenda di un totale cambiamento personale, è l’uscita dalle proprie tombe interiori tramite fatti assurdi e persone impensabili che, volenti o nolenti, traggono fuori. È la fuga da agorafobie e solitudini tramite avventure che ti si spalancano sottocasa… Infine, un romanzo sul raccontare, e sull’impossibilità di narrare tutto e tutto sciogliere, come alle volte la narrativa ci illude di poter fare.

Intreccio
Elisabetta, trentacinquenne storica dell’arte, si trova di fronte all’improvvisa e misteriosa scomparsa del fratello Lorenzo, forse scappato insieme a un celebre delinquente. L’ispettore le concede di indagare sui file trovati nel computer dello scomparso. Nel frattempo lei avrà, suo malgrado, degli enigmatici incontri con una serie di senza fissa dimora nei pressi di casa. Intanto, tra vari files piuttosto sconclusionati, ve ne sono di utili per ricostruire la storia della famiglia (tra l’altro, Lorenzo non è nuovo a sparizioni). Non le rimane molto altro, se non una chiave e un enigmatico cartiglio forse lasciati da lui nella casa abbandonata e ormai svuotata. Non anticipiamo la rivelazione fondamentale che la protagonista dovrà fare a sé stessa, e che sarà sia il convogliamento di tutte le tensioni, sia la molla per iniziare un viaggio sorprendente, e poi un altro ancora verso la fine… Diciamo solo che, di pari passo con la sua depressione (in questo la aiuta l’amica Vera, psichiatra), cresce il suo interesse per l’eccentrico ispettore (che forse evolverà in altro tipo di sentimento?), appassionato ascoltatore dei personaggi incontrati nelle stazioni, per le strade eccetera. Scoprirà anche che il fratello aveva molteplici attività e frequentazioni, alcune poco trasparenti. Tra le disparate ma realistiche ipotesi: si sarà chiuso in convento? Oppure, donnaiolo com’era, sarà andato a cercare un figlio chissà dove? Insomma, ‘sto fratello lo troverà o no? Di certo troverà risposte al cartiglio e alla chiave, e soprattutto alcune fondamentali risposte a domande rimaste in sospeso dal suo passato, anche con l’aiuto di altri eventi bizzarri e viaggi incredibili, che condividerà con personaggi strampalati (un anziano prete, l’ispettore che non sembra proprio un poliziotto, alcuni barboni, un bambino sopravvissuto al terremoto, il fratello stesso con le sue memorie, e altri ancora), fino al punto che scapperà da casa, avendo capito che la sua vita non potrà essere più la stessa.

La storia si svolge in poche settimane in una città italiana, non nominata né definita, né nell’ubicazione, né nella grandezza e trova particolare coinvolgimento nei “semi di curiosità” che si lasciano cadere sparsamente nella prima parte, e a cui si risponderà nella seconda: perché i barboni fissano Elisabetta? E perché ne bazzicano tanti dalle sue parti, a differenza di prima? Che significa il cartiglio che Lorenzo ha lasciato in casa? E la chiave? E perché ha lasciato ogni cosa importante in casa (cellulare, carta di credito, documenti…)? Ma soprattutto: cos’è che Elisabetta non è mai riuscita a dire a nessuno?

Tra queste domande si incastrano vari racconti a inserimento: senza-fissa-dimora espulsi dalla cantoniera; Michele, il finto ladro dello spogliatoio; gli indios della missione di don Marco; la famiglia dell’ispettore; la storia del barbone Damiano… Tutti ben armonizzati per definire temi e significati possibili del romanzo: chi realmente si nasconde; la depressione, narrata e descritta in prima persona; la ricerca di Dio; la casa; il raccontarsi; il nome della protagonista…

Dunque, in conclusione, un affascinante romanzo sull’esserci e sul non esserci.