Il Traiano salvato in corner dalla coppia Triestino-Pistoia

teatro TraianoCIVITAVECCHIA – Un lungo, quasi catartico, applauso ha accompagnato i saluti finali di Nicola Pistoia, Paolo Triestino e Elisabetta de Vito, a chiusura della loro ultima fatica “Trote”, spettacolo aggiunto rapidamente in coda alla programmazione stagionale venerdì e sabato al teatro Traiano. L’applauso è doppiamente meritato: da un lato perché questo lavoro dimostra ancora una volta la forza della produzione artistica del duo romano, capace di coniugare a una carnale comicità popolare un umanissimo e tragico realismo, attraverso una drammaturgia che, anche questa volta, sembra cucirglisi addosso come una seconda pelle. Ma questo applauso si fa anche espressione del sollievo, dopo la lunga sequela di spostamenti, delazioni e cancellazioni dell’ultimo minuto, tali da far pensare a Pino Quartullo – in una lunga lettera di scuse agli abbonati – di “assumere un esorcista nello staff del teatro”. Senza stare a rimettere mano al caos in cui sembra essere precipitata questa stagione 2010-2011, diremo solo che Triestino e Pistoia, come due “Dei ex -machina”, hanno salvato in corner le sorti di quella che poteva essere una conclusione segnata dall’imbarazzo della direzione del teatro e dalla rabbia degli abbonati. Repentinamente promossi nella stagione ufficiale – erano passati da Civitavecchia lo scorso aprile con il loro “Ben Hur” nell’ambito della rassegna “Nuove Creatività” – Pistoia e Triestino portano sul palco un testo scritto per loro dal drammaturgo lombardo Edoardo Erba, già autore per loro del grande successo “Muratori”. In “Trote”- presentato di recente in prima nazionale al Sala Umberto di Roma – la scena si apre con un meccanico, proprietario di un’autofficina (Triestino) che, accompagnato dalla moglie (De Vito) a ritirare le analisi, scopre di essere malato in stato terminale. Sopraffatto dallo sconforto e in preda a una crisi, decide di liberarsi da ogni peso: confessa alla moglie i mille tradimenti, impreca e poi prega, salvo alla fine scoprire che quelle analisi non appartenevano a lui, ma gli erano state consegnate per sbaglio. Va allora alla ricerca del vero, sfortunato proprietario della tremenda cartella clinica e lo trova in un operaio (un bravissimo Nicola Pistoia), pescatore di trote per passione, scorbutico e schivo, ma anche pieno di tenerezza e di vitalità. L’incontro segnerà profondamente il meccanico, che si troverà a ripensare a tutta la sua vita, scoprendosi anche un accanito cercatore di “trote”. Lo spettacolo alterna alla tragicomica concretezza del racconto, reso vibrante e carnale anche dalla genuina romanità degli interpreti, momenti di lirismo, di poesia, in una sorta di “realismo magico” mai banale, mai sovraccarico, sobrio pur nell’esuberanza della lingua e di certe situazioni drammaturgiche. Due ore che scorrono con grande naturalezza, il pubblico partecipa, ride e patisce con i due disgraziati protagonisti, due uomini qualunque, mentre, sullo sfondo, una Roma sempre più alienata li circonda con la sua incurante frenesia. Triestino e Pistoia dimostrano ancora una volta di saper coniugare a una formula popolare di teatro una grande attenzione per le proprie scelte linguistiche e sceniche, tendendo a un’espressività mai scontata, mai arrangiata, ma frutto di una costante e intelligente ricerca. Per gli abbonati, causa i recenti accadimenti, lo spettacolo è da considerarsi un regalo del Traiano che concluderà ufficialmente la sua stagione in coda all’estate quando (incrociamo le dita!) Buccirosso dovrebbe finalmente approdare con il suo “Don Ciccillo”. Vedere per credere.