Dentro al Forte un viaggio nella memoria delle lotte per la democrazia

operai lavoratoriCIVITAVECCHIA- Hanno i volti stanchi, gli guardi densi e profondi: in alcune immagini posano impettiti, addosso il vestito buono. In altre sono rilassati, in mano chitarra e mandolino, sembra stiano per intonare le battagliere e vivaci note dei canti del lavoro. Altre immagini li ritraggono loro malgrado, mentre scioperano, combattono, militano. Sono panettieri, portuali, operai edili: le fotografie che li immortalano, patrimonio dell’archivio storico della Cgil di Roma e del Lazio “Manuela Mezzelani” , sono in mostra nelle sale del Forte Michelangelo ancora per pochi giorni,  fino al prossimo 28 giugno. Questo bel percorso nella memoria, una memoria della città, dei suoi lavoratori e delle loro lotte, attraversa un secolo di storia. Dalle prime immagini che ritraggono i panettieri del cementificio “Casale Monferrato” (1904), fino agli operai al lavoro per la ricostruzione del porto dopo i bombardamenti (1943); accanto immagini di uomini comuni, che con il loro lavoro e la loro battaglia hanno combattuto a difesa della democrazia, si alternano le memorie condivise,  date e nomi impressi nella memoria collettiva: come l’immagine di Giovanni Ranalli, incarcerato per aver guidato il movimento di occupazione delle terre, al momento della sua liberazione (1947). O ancora l’immagine commovente dei regali di Natale scambiati tra famiglie dei militanti ancora in carcere per i fatti accaduti dopo l’attentato a Togliatti (1948). Una fotografia ritrae una manifestazione studentesca: su uno striscione si legge a chiare lettere lo slogan “Sì alla riforma della scuola! Più sbocchi professionali!”  Se non fosse stato per i capelli e le barbe lunghe degli studenti e qualche eskimo, non si direbbe che si tratta del 1972, tanto suonano familiari queste parole alle orecchie della nostra generazione. La nostra attenzione si sofferma  su un anziano e arzillissimo signore assorto davanti a una foto di Luciano Lama, durante un comizio per le vie di Civitavecchia nel 1971. Dopo poco capiamo cosa sta cercando con tanta foga in quella vecchia foto: tenta di riconoscere sé stesso tra la folla, in quella giornata che ha così bene impressa nella memoria che potrebbe essere ieri. “Ma io non sono mai stato uno da prima fila – commenta quasi per giustificare il fatto di non ritrovarsi – anche se ho sempre combattuto. E le botte che ci ho preso dalla polizia …” Il nostro compagno di visita, ormai abbiamo stretto amicizia, si chiama Alfredo Fazio, quarantacinque anni passati in ferrovia, e orgogliosamente combattuti al fianco del sindacato. E al nostro apprezzamento per il suo coraggio e la sua tenacia, Alfredo risponde molto semplicemente: “Il mio non era coraggio, avevamo fame e paura che il lavoro ci venisse tolto …” Continuiamo a credere che sia anche una questione di coraggio. Una questione di volontà e di etica sociale che persone come Alfredo hanno dimostrato combattendo quotidianamente: perché in noi oggi, seppure in questi anni bui, resti vivido il concetto di democrazia. Chiediamo ad Alfredo se possiamo parlare di lui nel nostro giornale: ci risponde di sì, anche se lui i telematici non li legge, il mondo di internet non sembra fatto per lui: “Troppo veloce, troppo complicato …” Il mondo oggi sembra aver messo di fronte ad Alfredo delle barriere, la condivisione virtuale sembra essergli preclusa. Ma Alfredo non sembra esserne affranto: per lui oggi la condivisione sarà reale, vivida. Tra poco alla festa della Cgil parteciperanno molti dei suoi compagni: e quelli che non ci sono più, restano comunque vividi nella memoria, nei suoi racconti e nelle immagini che in questa giornata lo circondano.