CIVITAVECCHIA – E’ uno dei più interessanti cineasti della sua generazione l’iraniano Ashgar Farhadi; con “Una Separazione”, la sua quinta pellicola (la seconda distribuita in Italia dopo il bellissimo “About Elly”) torna a regalarci uno spaccato vivido, intenso e profondamente realistico della società iraniana attraverso il racconto di vite comuni, di universi privati, di individui alle prese con i problemi della quotidianità. Il film di Farhadi è finalmente visibile nella nostra città grazie agli appuntamenti del Royal dedicati al cinema d’autore: pellicole estranee alla programmazione nostrana, presentate ogni lunedì in tre proiezioni nella sala rinnovata del cinema cittadino. L’appuntamento con il film di Farhadi è stato arricchito dalla presentazione di Bianca Maria Filippini, studiosa di cinema e letteratura persiane, docente all’Università di Viterbo e fondatrice della casa editrice (specializzata ovviamente in letteratura persiana) “Ponte33”, ormai civitavecchiese di adozione. “Quello di Farhadi non è un film di denuncia, un manifesto politico” – ci mette subito in guardia la Filippini – “ma un dramma privato, che tuttavia proprio attraverso il privato ci offre uno spaccato efficacissimo del contesto sociale e politico a cui fa riferimento”. La capacità di costruire una narrazione avvincente e credibile, unita ad una magistrale orchestrazione degli attori è sicuramente il punto di forza della regia di Farhadi: storie meravigliosamente scritte, tra le cui pieghe si può cogliere il respiro dell’attualità, l’occhio critico e indagatore sul proprio paese. “Una separazione” intreccia in un racconto perfettamente strutturato la vicenda di due coppie, di estrazione sociale e retroterra culturali diversi, le cui vite si incontrano e si scontrano, per poi finire tutti in tribunale. Tutti sono in lotta con tutti nel film di Farhadi: la ‘separazione’, il conflitto riguarda tanto i membri della coppia quanto le diverse famiglie tra loro. Lo ‘smembramento’ è tanto interno, intimo quanto sociale e collettivo. Non esistono colpevoli o innocenti, vittime o carnefici: come ci spiega bene la Filippini, il tribunale che Farhadi inscena è “un processo delle coscienze. Il film gioca sul ribaltamento morale per mostrarci che non esiste una verità univoca. E’ un cinema di domande, che richiede la partecipazione autoriale dello spettatore.” Un coinvolgimento non poi così difficile, data la straordinaria abilità di Farhadi di calarci nel suo mondo, distruggendo il punto di vista univoco, le certezze su cui amiamo poggiarci, facendosi riscoprire il tragico incanto della polifonia umana. “Una Separazione” vanta un curriculum altissimo di premi e nomination: Orso d’oro a Berlino (a cui va aggiunto l’orso d’argento ex aequo a tutto il cast degli attori), di recente premiato al Golden Globe, è ora il lizza per gli Oscar come miglior film straniero.
Francesca Montanino