SANTA MARINELLA – Alcuni si rigirano infastiditi sulle loro sedie, altri addirittura abbandonano la platea, qualcun altro se ne resta in silenzio,a riflettere: è successo ieri sera al Festival di Santa Marinella, davanti alla proiezione de“La donna e il Drago” primo lungometraggio di Rodolfo Bisatti: un dramma “duro e crudo”, che affronta il tema delle donne-madri in carcere. Il film racconta la storia di una donna sola, madre di una bimba di sedici mesi, condannata a sei anni di reclusione. Nel periodo che precede la sua incarcerazione, la donna lotterà per garantire alla figlia il “minor male possibile” per il suo futuro: portarla con sé in carcere o darla in affidamento? Per raccontare il suo dramma Bisatti si affida a un realismo crudo, sperimentando tanto con la macchina da presa, quanto nella sceneggiatura- frutto del lavoro collettivo di tutto il cast, una scrittura “agita”, mai pensata a tavolino. Bisatti sperimenta anche nel lavoro di post-produzione, preferendo alla linearità classica della narrazione un’anatomia dei sentimenti. Lo spettatore è costretto a partecipare al dramma quasi “dal di dentro”, come soffocato nella dolorosa relazione tra una madre e una figlia costrette alla separazione. La lunghezza delle inquadrature, l’indugiare sui volti come alla ricerca di ogni impercettibile frattura emotiva, la voluta irregolarità del linguaggio contribuiscono a fare del dramma di Bisatti un’opera di difficile fruizione, che ha diviso nettamente il pubblico di ieri sera. Pur cadendo non poco frequentemente in qualche vizio di stile – Bisatti stesso nel suo timido dialogo con gli spettatori parla del vantaggio, in un film autoprodotto, di poter “fare quello che si vuole” con la macchina da presa, ignorando i canoni prestabiliti – “La donna e il drago” è un film intenso, che ci porta nostro malgrado a riflettere e a condividere empaticamente tematiche importanti, senza il rischio di cadere nei facili sentimentalismi. Chi ha trovato troppo “audaci” le scelte stilistiche del film di Bisatti, si sarà sicuramente sentito risollevato dalla rassicurante panoramica su una Roma soleggiata che ha aperto il secondo film della serata, la commedia “Febbre da Fieno” di Laura Lucchetti. Un film “giovane” che parla di giovani: storie d’amore e di amicizia che ruotano attorno a un negozio vintage, dove si intrecciano i destini dei protagonisti. Una sceneggiatura un po’ ingenua e qualche personaggio troppo stereotipato fanno perdere al film l’occasione – pure presente in potenza – di rappresentare finalmente una bella eccezione nel panorama italiano di genere. Neanche la scelta di un finale amaro risolleva il destino del film, che se ne resta confinato nell’universo delle “graziose” commedie senza arte né parte. Tuttavia, giudizi a parte, se il film è passato piuttosto inosservato in Italia, pare stia riscuotendo un discreto successo oltreoceano, collezionando premi in diversi festival indipendenti americani. Gli auguriamo il meglio, confidando in una prossima seconda prova della regista, in cui tutto il suo potenziale possa finalmente emergere.
Intanto, quella di giovedì sarà una serata all’insegna della commedia più agro che dolce: alle 21.00 “L’estate di Martino” di Massimo Natale, un’opera prima ambientata nella Puglia del 1980, l’anno della strage di Bologna, alle cui vittime il film è dedicato. Segue alle 22.30 “Notizie dagli Scavi” ultima fatica di Emidio Greco. Un film tratto dall’omonimo romanzo di Lucentini, voluto e pensato per quasi trent’anni, che finalmente Greco realizza con l’aiuto di una coppia di attori all’apice: Giuseppe Battiston e Ambra Angiolini.
Francesca Montanino