CIVITAVECCHIA – “Il Reparto sta in piedi solo grazie all’impegno costante degli Oncologi ( spesso soltanto 1), del personale Infermieristico, del Capo Sala e del personale volontario.
L’Oncologo deve ricevere i pazienti per nuove visite, deve effettuare visite e confermare o cambiare cure per i vecchi pazienti, nello stesso tempo deve assistere i pazienti durante il trattamento chemioterapico.
Gli infermieri sono 4 più un Capo Sala, persone speciali ma non ce la possono fare ad assistere tutti e vi garantisco che ce la mettono tutta.
La Farmacia dell’Ospedale ogni giorno prepara le terapie per tutti i pazienti, ma essendo solo una persona che prepara, le terapie non arrivano prima delle 10.00/10.30, questo comporta che le terapie terminano dopo le 14.00, costringendo il personale a trattenersi oltre l’orario di lavoro.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è successa questa mattina (08/maggio/2014), non c’erano gli Aghi di Huber, che servono a forare la membrana del Port a Cat(si tratta di un catetere inserito nel torace in una vena di grosso calibro in prossimità del cuore), questo nei pazienti come me a lungo trattamento chemioterapico.
Sono stato fortunato perché un’infermiera è riuscita a trovarmi una vena della mano e da lì sono riuscito a fare il trattamento necessario.
Un’altra paziente ha aspettato fino alle 11.00 fortunatamente sono riusciti a reperire 2 Aghi Huber .
Per concludere, secondo me in un Reparto come quello di Oncologia dove i pazienti giocano tutti i giorni con la morte, ci dovrebbero essere almeno 2 Oncologi, 1 per le visite e accettazioni, 1 che segue i pazienti in trattamento chemioterapico, 6 infermieri 2 per le visite e i restanti 4 per la preparazione dei pazienti che devono fare la terapia, il Reparto non può chiudere alle 14.00 ma deve restare aperto fino al termone delle terapie.
I pazienti sono tanti e aumentiamo sempre di più.
Spero che questa mia segnalazione possa scuotere qualche coscienza e possa dare una mano a chi ha bisogno di cure così delicate e chi lavora nel Reparto”.
Giuseppe Ibelli