Ingerisce 34 ovuli di cocaina e rischia l’overdose, salvato d’urgenza al S. Paolo

CIVITAVECCHIA – Ci si inventa di tutto per superare indenni i filtri dei controlli apprestati, negli scali aeroportuali e portuali, dai Finanzieri del Comando Provinciale di Roma e capita, di frequente, che anche gli esercizi di fantasia più estrosi e apparentemente infallibili si infrangano contro l’acume dei militari od il fiuto dei cani antidroga.
All’aeroporto “Leonardo Da Vinci” di Fiumicino, è stata la corporatura pronunciata di una donna di origine boliviana, proveniente da Santa Cruz ed in attesa di imbarcarsi per Istanbul (Turchia), a insospettire i militari che, con l’ausilio di personale del Corpo di sesso femminile, l’hanno sottoposta a perquisizione personale scoprendo l’occultamento, all’interno della pancera indossata, di oltre due chili di cocaina allo stato liquido contenuti in profilattici di lattice. Una volta giunta a destinazione, la droga, contenuta in 46 involti, sarebbe ritornata al suo stato originale con un laborioso processo chimico di filtraggio. La donna è stata arrestata e trasferita presso il carcere di Civitavecchia, a disposizione della locale Autorità Giudiziaria.
Un “ovulatore” congolese, sbarcato nel porto di Civitavecchia proveniente da Barcellona, è stato invece intercettato dai finanzieri della locale Compagnia. L’uomo, dell’età di 43 anni, per superare i controlli predisposti presso lo scalo portuale, aveva ingerito 34 ovuli contenenti circa un chilo di eroina ma è stato tradito dall’evidente nervosismo palesato durante l’attività delle unità cinofile antidroga, che ha indotto i militari ad approfondire la situazione. Rimasta senza esito l’ispezione ai bagagli, l’”ovulatore” è stato condotto al pronto soccorso del nosocomio di Civitavecchia, ove è stato sottoposto ad esami radiografici che hanno rivelato la presenza di alcuni corpi estranei all’interno dell’ addome. E’ stato necessario un delicato intervento chirurgico per consentire l’asportazione di tre ovuli rimasti incastrati, gravemente deteriorati e ormai prossimi alla rottura. Nonostante la sventura di restare impigliato nella rete dei controlli, il trafficante può ritenersi fortunato: è stata proprio la decisione di sottoporlo ad accertamenti più approfonditi che, se gli ha sacrificato la libertà, ha permesso di risparmiargli la vita.