CIVITAVECCHIA – Seconda puntata con l’inchiesta di Centumcellae News dedicata ai “Cervelli in fuga da Civitavecchia”. Torniamo quindi a parlare di ragazzi con la valigia, di giovani che hanno scelto di tentare la strada della formazione e del lavoro fuori dai confini comunali. Approfondiamo quindi la storia di Fabio Farina, 30enne civitavecchiese che ha studiato e si è formato come tecnico del suono a Milano, dove ha trovato successivamente collocazione.
Fabio, quando hai lasciato Civitavecchia?
“Una prima volta nel 2003 ed ancora nel 2009. Prima per proseguire gli studi dopo il diploma, poi con un contratto già firmato in tasca. Oggi, a distanza di due anni, sono ancora nel capoluogo meneghino”.
Eri già stato fuori città per altri periodi di tempo? Per che genere di esperienze?
“Terminato il mio percorso di studi a Milano sono tornato a Civitavecchia ed anche se la mia residenza non è cambiata ho sempre lavorato a Roma come tecnico. Ho anche avuto una breve esperienza a Pesaro come redattore per una rivista specializzata del settore. Più in generale il lavoro di maestranza nel mondo dello spettacolo è fatto di frequenti spostamenti, anche per brevi periodi. Le esperienze di lavoro sono state il motore trainante dei miei spostamenti, questo mi ha portato in contatto con molte realtà in tutta Italia”.
Quando te ne sei andato da Civitavecchia hai “tentato la sorte” o avevi già in mente la tua strada?
“Avevo in mente un’idea precisa di quello che volevo fare: il tecnico del suono. Poche certezze e tanta passione. Nel corso degli anni ho reso le mie aspirazioni più concrete. All’inizio non ho fatto particolari ricerche su quelle che erano le richieste provenienti nel mondo del lavoro e questo è stato sicuramente un errore. Grazie però ad una buona preparazione iniziale e alla ricerca costante di innovazione sono potuto entrare in contatto con professionalità ed ambienti sempre di maggiore spessore. Questo mi ha insegnato che oltre ad essere molto importante il bagaglio tecnico con cui ci si presenta nel mondo del lavoro, è altrettanto importante la capacità di mantenere sempre aggiornate le proprie competenze e le proprie collaborazioni. Scommettere su se stessi, sulle proprie idee ed essere sempre alla ricerca dell’ambiente migliore per metterle a frutto”.
Che genere di formazione hai seguito fuori Civitavecchia?
“Si è trattato di un corso post diploma della durata di due anni, suddiviso per metà in lezioni teoriche in gruppi di massimo dieci elementi e per metà in progetti pratici assegnati dai docenti e portati avanti in autonomia. Questo mi ha permesso sia di arrivare nel mondo del lavoro con un bagaglio di conoscenze tecniche superiore alla media sia di propormi con un minimo di competenze progettuali e pratiche già sviluppate. Oltretutto la durata del corso, molto inferiore rispetto al normale iter universitario, mi ha fatto anticipare i tempi. Mi ha spinto a trasferirmi fuori Civitavecchia la mancanza di strutture simili per livello dei docenti e per qualità dei progetti sviluppati durante il corso, ma anche la necessità di formarmi in una struttura profondamente inserita in un tessuto produttivo di primo piano ha avuto molta importanza”.
Tra coetanei di diversi luoghi hai notato aspirazioni, predisposizioni differenti?
“Mi è capitato di condividere l’alloggio con studenti di diverse nazionalità e di lavorare con professionisti da tutto il mondo e credo che più che le personalità e le aspirazioni siano le sinergie a fare la differenza. Tutti hanno il proprio personale approccio al mondo del lavoro, ognuno con i propri punti di forza. La differenza la fanno le strutture che si preoccupano di facilitare il processo di formazione ed inserimento nel mondo del lavoro tramite sostegno economico, cercando alloggio a prezzi vantaggiosi, proponendo contatti professionali, facilitando l’inserimento nella vita sociale locale. È questa la differenza principale”.
Hai sempre visto il tuo futuro lavorativo fuori da Civitavecchia?
“Per il lavoro che sto conducendo ora mi capita spesso di entrare in contatto con tecnici operanti in Canada, Stati Uniti, Francia, Svezia e Nuova Zelanda. Non si può prescindere da una realtà globale, se non per concrete opportunità di lavoro, quantomeno per avere un’idea sempre aggiornata su dove sta andando la tecnologia. Sicuramente, oggi come il primo giorno, sono intenzionato ad entrare in contatto con quante più realtà possibile e a malincuore devo dire che Civitavecchia non vanta eccellenze nel settore dell’entertainment. A Milano ho trovato un profondo tessuto produttivo ben radicato in molti campi, radio, eventi, musica…”
Ti piacerebbe poter tornare un giorno a Civitavecchia per lavorare?
“Se è vero che le realtà internazionali o anche solo nazionali sono quelle dove c’è più professionalità da assorbire ed investimenti di cui approfittare, è altrettanto vero che le realtà locali sono quelle più sotto sfruttate. Sono convinto che il futuro nascerà da chi avrà il coraggio di scommettere su un servizio rivolto a soddisfare bisogni di comunità ben radicate e circoscritte, apportando strumenti e metodologie ereditate dalle grandi strutture. Mi piacerebbe potermi metter” in gioco in uno scenario simile nella mia città, ad oggi però ritengo di avere ancora moltissimo da imparare”.
Pensi che una persona della tua età quando va via lo faccia sempre per scelta o c’è una parte che resterebbe ma si trova in qualche modo “costretta” ad emigrare per mancanza di possibilità?
“Non è mai semplice abbandonare un luogo a cui ci si sente legati. Non sono solo le opportunità a farti scegliere di partire, è soprattutto la voglia di mettersi in gioco e scommettere su se stessi quello che spinge ad affrontare un trasferimento. Per questo non posso dire di essermi sentito ‘costretto’ dalla mancanza di possibilità, è maturata in me l’idea che trasferirsi e guadagnare autonomia fosse un valore. Credo che come esista il rischio di essere un cittadino del mondo, senza nessuna reale appartenenza, esista anche il rischio di essere richiusi in se stessi per mancanza di intraprendenza. I momenti migliori umanamente e professionalmente parlando sono stati quelli dove ho partecipato ad una genuina commistione tra realtà provenienti da posti diversi”.
Vedi quello civitavecchiese come un tessuto sociale solido e in grado di offrire possibilità?
“Ritengo che la formazione al di fuori dei confini comunali sia praticamente obbligatoria. Pensare che Civitavecchia possa soddisfare tutte le proprie necessità in termini di formazione è inverosimile. Al contrario economicamente, per quanto riguarda il mio settore, posso dire che conosco diverse solide realtà microimprenditoriali molto dinamiche, pronte ad essere sfruttate come banco di prova sia per chi avesse in mente dei progetti, sia per chi stesse iniziando ora a farsi le ossa. Stiamo attraversando un momento di profonda crisi per le aziende e questo si ripercuote moltissimo sul mondo del lavoro dipendente. Non bisogna però lasciarsi scoraggiare. Questi sono i periodi in cui c’è maggiore opportunità di proporsi nel mondo del lavoro”.
Simone Pazzaglia






