SANTA MARINELLA – Si fa incandescente il dibattito intorno alle modifiche che la maggioranza vuole apportare allo statuto comunale. Dall’associazione “il paese che vorrei” arrivano dure critiche e una bocciatura senza appello: “La decisione della maggioranza di modificare lo Statuto senza alcun coinvolgimento delle forze politiche e dei cittadini è fortemente criticabile, tanto più se ciò avviene negli ultimi mesi di mandato e in una situazione di grave dissesto economico e di ripetute bocciature contabili che ne delegittimano, almeno moralmente, l’operato”.
La bozza del nuovo statuto comincia a circolare e l’associazione sviscera diverse perplessità sul nuovo documento: “Lo Statuto dovrebbe essere l’atto fondamentale attraverso cui un Comune si dà delle regole trasparenti per delineare le finalità generali dell’azione politica e per incrementare l’efficienza della gestione e dei servizi amministrativi. Questo, naturalmente, quando non è relegato a vuoto atto formale. È un documento che non si riscrive tutti i giorni. Lo si modifica quando, sul fronte gestionale, si intende riorganizzare la struttura e gli uffici comunali per adeguarne il funzionamento alle concrete esigenze dei cittadini. Oppure quando, sul fronte dell’indirizzo politico, si è maturata una nuova visione della comunità e si intende delinearne l’indirizzo programmatico di lungo periodo. La questione avrebbe meritato una valutazione attenta e condivisa. Quanto è stato fatto appare piuttosto come una forzatura opportunistica di pochi membri dell’amministrazione con il beneplacito svogliato del sindaco Bacheca”.
“Nel merito – scrivono dall’associazione – il nuovo testo dettaglia le funzioni del Consiglio comunale e dei suoi organi ed introduce la nomina di un capogruppo per ogni lista rappresentata in Consiglio piuttosto che uno per coalizione come era precedentemente (finalmente avremo dei consiglieri capigruppo di sé stessi, questione che certo non teneva i cittadini svegli la notte). Un’ altra novità, più significativa, riguarda l’introduzione nell’art. 46 della definizione di Fondazioni e Società per azioni e del loro rapporto con l’ente comunale. Certamente, quella di supplire a carenze di funzioni e di servizi attraverso il ricorso alle risorse economiche di Fondazioni e di Società per azioni è tendenza generale. Ciò testimonia la triste resa degli enti pubblici, non più in grado di rispondere alle esigenze, spesso anche primarie, dei cittadini. Non stupisce che i nostri amministratori, dopo averci portato sull’orlo del default, si allineino senza remore a questa tendenza. Ci saremmo aspettati, però, che il Comune prevedesse almeno specifici dettami improntati alla massima trasparenza visto come, in altri contesti, il rapporto con fondazioni e S.p.a. ha rivelato ambigue commistioni tra apparati politici e interessi privati.
Queste le modifiche proposte, in tutta fretta. Numerose le omissioni sui molti altri punti che potevano essere introdotti o migliorati a concreto beneficio dell’interesse pubblico, della partecipazione democratica e della trasparenza”.
Per “il paese che vorrei”, una delle “omissioni” più importante riguarda l’articolo relativo all’edilizia concordata, rimasto immutato: “L’articolo prevede i project financing e gli accordi di programma, cioè i permessi che un Comune può accordare a imprese per costruire e/o gestire anche in deroga al piano regolatore, in cambio di benefici per la collettività. Per amara esperienza a S. Marinella i benefici alla comunità sono venuti sempre dopo agli interessi privati o non sono venuti affatto.”Sarebbe stato opportuno introdurre un Regolamento che prevedesse puntuali requisiti a tutela dell’interesse collettivo, una maggiore partecipazione delle Commissioni Consiliari nella fase di decisione e un più ampio coinvolgimento dei cittadini”.
La parte più carente, per l’associazione, riguarda proprio gli strumenti di democrazia partecipata: “Nel corso delle molte campagne di raccolta firme, Il Paese che Vorrei si è scontrato con la mancanza di un Regolamento che ne stabilisse le modalità e lo ha segnalato. Eppure, su questo fronte, tutto è rimasto immutato”.
“Invece di procedere a modificare lo Statuto– si chiede l’associazione- non potevamo cominciare con il redigere i Regolamenti, citati ma inesistenti, che rendono molte delle direttive enunciate nel testo inattuabili? Si è preferito specificare e ampliare in astratto le finalità del Comune. Adesso che a fine mandato non c’è più il rischio di doverle perseguire concretamente, la maggioranza snocciola generici obiettivi tra i quali spicca un rinnovato interesse per la floricoltura. Tutto questo, da domani però. Fino ad oggi-concludono- ci si è guardati bene dal promuovere, incentivare, stimolare, ammodernare, potenziare alcunché. Se i dettami dello vecchio statuto sono rimasti lettera morta per due mandati e non si è nemmeno ritenuto opportuno di scrivere i regolamenti attuativi mancanti che senso ha proporre ora, in tutta fretta e senza discussioni, questo nuovo testo?”
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