“Basta con i trattamenti sanitari obbligatori violenti, anche a Viterbo”

VITERBO – La tragica vicenda della morte di una persona con disagio psichico avvenuta a Torino durante un Trattamento sanitario obbligatorio (in sigla: Tso) a seguito delle lesioni provocate da un intervento condotto con modalità violente, vicenda sulla quale è in corso un’indagine della competente magistratura, costituisce un monito a cui non si può restare indifferenti.
L'”Associazione familiari e sostenitori sofferenti psichici della Tuscia” (Afesopsit), nell’esprimere il suo dolore per la morte di un essere umano, e riconoscendo che questa vicenda ne richiama alla mente molte, troppe altre, ed interpella quindi all’impegno perché simili tragedie e analoghi lutti non accadano mai più, propone una riflessione e avanza una proposta.
Ogni essere umano ha diritto al rispetto della sua dignità ed incolumità.
Come stabilisce anche la Costituzione della Repubblica Italiana, le persone bisognose di cure non possono essere sottoposte a trattamenti degradanti o violenti, ma devono essere assistite nel rispetto dei loro diritti umani, della loro dignità e della loro incolumità.
Purtroppo non sempre questo accade, e sono numerosi gli episodi in cui interventi che dovrebbero essere caratterizzati da finalità terapeutica si trasformano nell’esatto contrario: occasioni di gravi lesioni alle malcapitate vittime.
In particolare gli interventi connessi ai Trattamenti sanitari obbligatori richiedono una particolare attenzione, prudenza, sollecitudine: persone che già soffrono di un disagio psichico non possono essere “punite” per questo, ma devono essere aiutate ed assistite in modo appropriato e secondo i principi deontologici propri dell’attività terapeutica oltre che dell’etica generale e della basilare giurisprudenza che riconosce che ogni essere umano ha diritto alla vita, al rispetto della dignità e dell’incolumità personale, alla solidarietà della comunità civile in cui la sua esistenza si svolge, all’assistenza da parte delle istituzioni preposte alla tutela e promozione della salute.
E’ per noi particolarmente doloroso dover constatare che anche a Viterbo, nel corso degli anni, in relazione agli interventi di Trattamento sanitario obbligatorio si sono verificati episodi di incuria, disprezzo e maltrattamento, con esiti talora drammatici.
Tali maltrattamenti sono immorali e illegali, essi non possono essere tollerati e non possono restare impuniti: se si consente che una persona in condizioni di fragilità, di sofferenza, di smarrimento, di paura, possa essere sottoposta a trattamenti crudeli e degradanti, viene meno la civile convivenza così come viene meno il senso di umanità che sempre deve ispirare la condotta degli esseri umani nei confronti dei loro simili, e prevale invece l’ingiustizia, la violenza, la barbarie.
Naturalmente non si tratta solo di denunciare le violenze, bisogna anche intervenire perché esse non si ripetano.
Ed a tal fine è sicuramente necessario avviare un’adeguata opera di coscientizzazione e di formazione del personale delle pubbliche istituzioni che interviene nelle situazioni di emergenza come nel caso dei Tso.
In particolare da anni sollecitiamo una adeguata formazione sia degli operatori del settore psichiatrico, medico ed assistenziale, sia degli operatori delle forze dell’ordine coinvolti negli interventi in esecuzione di Trattamenti sanitari obbligatori.
Ci sembra non solo opportuno, ma indispensabile, socializzare le profonde conoscenze e le “buone pratiche” di cui molti operatori istituzionali sono portatori, ma di cui sono portatrici anche molte associazioni di volontariato e di solidarietà che in variegate forme e con autentica passione morale e civile operano “sul campo” per aiutare chi ne ha bisogno in forme rispettose della dignità umana e dell’incolumità personale.
Potrebbe essere assai utile avviare un percorso di studio, di confronto e di formazione in cui operatori psichiatrici, medici ed assistenziali, operatori delle forze dell’ordine (a cominciare dalla polizia municipale), associazione di volontariato, possano incontrarsi e scambiarsi esperienze e riflessioni nella prospettiva di un agire condiviso atto a tutelare nel modo migliore la sicurezza e la dignità delle persone bisognose di assistenza.
I trattamenti sanitari obbligatori in se stessi costituiscono un’esperienza traumatica che si aggiunge di solito a una crisi – o quantomeno a un disagio – già in corso: è bene che questi interventi siano i meno traumatici possibile, e che si adottino le modalità d’intervento migliori per rassicurare e sostenere la persona destinataria dell’intervento.
E’ evidente che occorre agire favorendo la comprensione, l’ascolto reciproco, l’attenzione alle emozioni e ai bisogni espressi ed impliciti, l’empatia; che occorre costruire una relazione di fiducia e non di paura; che una buona padronanza delle migliori tecniche d’intervento deve sempre associarsi alla consapevolezza che trattandosi di un intervento terapeutico il cuore della questione sono i diritti, la dignità, la salute e il benessere della persona destinataria dell’intervento stesso.
Ne consegue ad esempio che occorre adoperare strategie collaborative anziché mere meccaniche contenitive che provocano ulteriore sofferenza, paura e disperazione; che occorre utilizzare l’ascolto, la presenza personale accudente, l’espressione del sentimento di umana affinità degli operatori con la persona destinataria dell’intervento, piuttosto che dinamiche autoritarie incontrollabili che provocano sovente un’escalation dell’incomprensione, della paura e della violenza; che i modi dell’intervento così come l’ambiente in cui esso si svolge – la stessa struttura logistica ed organizzazione funzionale del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura, ad esempio – devono essere mirati a favorire relazioni umane centrate sulla costruzione della fiducia, il rispetto reciproco, la lealtà, cosicché la “presa in carico” della sofferenza si faccia autentico processo terapeutico nel pieno rispetto dell’umanità della persona sofferente.
L’Afesopsit, pertanto, mentre continuerà a svolgere – tra gli altri suoi compiti – anche un ruolo di vigilanza a tutela dei diritti e della dignità delle persone con disagio psichico affinché non subiscano trattamenti offensivi ed inique violenze, si fa promotrice – ancora una volta – delle seguenti proposte:
1. che la Asl di Viterbo promuova un percorso di formazione per operatori psichiatrici, medici ed assistenziali, per operatori delle forze dell’ordine, per operatori del volontariato e della solidarietà, finalizzato alla conoscenza ed all’acquisizione delle buone pratiche e delle tecniche adeguate di intervento in relazione ai Trattamenti sanitari obbligatori attuati con metodi non contenitivi né aggressivi, bensì rispettosi della dignità e dell’incolumità personale degli assistiti;
2. che la Asl di Viterbo promuova occasioni di confronto, di socializzazione di riflessioni e di esperienze, di collaborazione efficace ed adeguata tra operatori delle istituzioni preposte alla salute, all’assistenza e alla sicurezza, e l’associazionismo democratico che opera nel campo della salute mentale.
La malattia mentale è, appunto, una malattia.
Qualcosa, quindi, che non è né prevedibile, né tantomeno scelta.
E’ qualcosa che capita. Essere affetto dalla malattia mentale non è “vergogna”. Non è “colpa”. Quindi non bisogna avere “paura” né della malattia, né dell’opinione degli altri, che non ne sanno niente, né conoscono il “dolore” che c’è intorno ad essa. Quando, allora, si vede qualcosa che non va bene, che non è come dovrebbe essere, questo va fatto sempre presente. Senza vergogna, appunto, del “giudizio” degli altri. E senza paura di “ritorsioni”.
Gli operatori del D.S.M. sono persone, oltre che competenti, estremamente serie e corrette e che si prendono cura in tutti i modi dei nostri “ragazzi” come di tutti coloro che ad essi debbano fare riferimento.
Le segnalazioni possono servire anche a migliorare le loro condizioni di lavoro.

Vito ferrante – Presidente “Associazione familiari e sostenitori sofferenti psichici della Tuscia”