Malati di zucchero

Zuccheri, zuccheri ovunque. Al giorno d’oggi lo zucchero risulta essere onnipresente, nascosto e non in tanti cibi insospettabili. Non si tratta solo del semplice zucchero da tavola, il comune saccarosio, o quello naturalmente presente nella frutta; oggi esistono tante varietà di zuccheri di sintesi industriale che vengono aggiunti a tantissimi alimenti per aumentarne la palatabilitá e la conservazione. Basti pensare a tutti i prodotti ottenuti con farine raffinate come la 00 (ossia quelle molto lavorate industrialmente, lontane dallo stato grezzo a cui si trova il cereale da cui sono estratte), e quindi cereali da colazione, merendine, pane, prodotti da forno, ma anche bibite, marmellate, snack, dolciumi vari e prodotti in scatola. Non si salvano nemmeno i così detti “prodotti light”, o “a zero calorie”: avranno anche meno calorie ma di dubbia qualità, e anche se tra gli ingredienti non figura lo zucchero col suo nome più comune, ce ne sono tanti altri ottenuti industrialmente che fanno più male che bene. Attenzione quindi a leggere le etichette nutrizionali, l’inganno é sempre in agguato. Purtroppo il consumo di questo genere di alimenti è vertiginosamente aumentato nei paesi occidentali dopo la seconda guerra mondiale, dando inizio ad una serie di conseguenze salutari affatto positive. È vero che il glucosio è il principale nutrimento per le cellule (e l’unico per quelle del cervello!) ma attenzione: non tutti gli alimenti apportano la stessa qualità e quantità di glucosio ed è più facile incappare in quelli che andrebbero evitati che in quelli di cui abbiamo effettivamente bisogno. Innanzitutto bisogna distinguere i carboidrati semplici da quelli complessi. Rientrano nella prima categoria il glucosio, il fruttosio, il saccarosio , che si caratterizzano per essere facilmente “smontati”,digeriti e assorbiti dal nostro organismo, portando ad un repentino elevamento della glicemia. I carboidrati complessi come amido e glicogeno sono invece assorbiti lentamente poiché i nostri sistemi enzimatici impiegano più tempo a scinderele catene di polisaccaridi che li compongono. Diretta conseguenza di ciò è un più graduale rilascio di zuccheri nel sangue, evitando così i picchi glicemici causati dai carboidrati semplici. Quando assumiamo cibi ricchi di carboidrati semplici la glicemia si alza velocemente e in risposta a questo evento viene rilasciata velocemente l’insulina, un ormone prodotto dal pancreas che ha come compito principale quello di far assorbire il glucosio dalle nostre cellule e mantenere un tasso costante di zuccheri nel sangue, oltre a ridurre l’utilizzazione di grassi. Più in fretta si alza la glicemia, più insulina viene rilasciata e tanto più velocemente si riabbassa la glicemia e insorge la fame, innescando così un circolo vizioso di dipendenza dagli zuccheri.
Tornando all’indice glicemico, si tratta di una misura che permette di sapere quanto un alimento aumenta il livello di glucosio nel sangue rispetto a uno standard alimentare (di solito glucosio o pane bianco). L’indice è espresso in relazione all’aumento di glicemia nel sangue in seguito all’assunzione dell’alimento standard (che ha indice glicemico 100). Gli alimenti considerati a basso indice glicemico sono quelli con valori di IG inferiori a 55. Sopra 70 l’indice glicemico è considerato elevato.
Tuttavia, diversi fattori fattori contribuiscono a determinare l’indice glicemico:
-il grado di maturazione, che determina la maggiore o minore concentrazione di zuccheri disponibili, ad esempio la frutta matura tende ad avere un indice glicemico più alto di quella acerba.
-le fibre, che trasformano il contenuto intestinale in una sostanza tipo gel che rallenta l’attività enzimatica sull’amido ed interferisce con l’assorbimento di alcuni nutrienti, quindi consumare pane bianco con verdure porterà ad un carico glicemico inferiore rispetto al solo pane bianco il contenuto di grassi e proteine rallenta lo svuotamento gastrico e quindi la digestione dei carboidrati;
-la lavorazione degli alimenti, in particolare più un alimento è elaborato ed ottenuto con farine raffinate più alto sarà il suo indice glicemico;
– la cottura scioglie le molecole d’amido e ammorbidisce i cibi, processi che aumentano la velocità di digestione dei carboidrati: un piatto di pasta molto cotta ha IG più elevato della pasta al dente .
Nel 2008 è stata pubblicata una tabella degli indici glicemici, l’International tablet of glycemic index and glycemic load values dell’American Diabetes Association.
Si deve però tenere conto che l’indice glicemico di un alimento non fa riferimento alla quantità di carboidrati contenuti nell’alimento stesso, ma si basa esclusivamente sulla velocità con cui o i carboidrati contenuti possono essere assorbiti. Può quindi succedere che alimenti come le carote bollite abbiano un IG pari a 90 ma soltanto 8 grammi di carboidrati su 100 grammi di carote. Ciò significa che per avere nel sangue un carico di zucchero pari a quello di 50 grammi di glucosio bisogna mangiarne 625 grammi, una quantità che nessuno consumerà mai in un solo pasto. In altre parole, se si considerano porzioni ragionevoli, per alcuni alimenti con IG elevato si ha un basso contenuto in carboidrati e l’insulina non viene liberata in elevate quantità perché comunque gli zuccheri che arrivano al sangue sono pochi . Quindi accanto alla valutazione dell’IG è necessario associare anche la valutazione del carico glicemico, che si calcola così:

Carico glicemico= (IG x grammi di carboidrati )/ 100

Tornando all’esempio delle carote bollite con indice glicemico 90 e contenenti 8 grammi di carboidrati, si ottiene che una porzione da 100 grammi di carote ha :

Carico glicemico= (90 x 8)/100= 7,2

7,2 è un valore decisamente basso! Inoltre, esistono alimenti che, pur non avendo un alto indice glicemico, stimolano direttamente la produzione di insulina, come il saccarosio e il latte. Gli alimenti ricchi di grassi animali, come le carni rosse, il burro e i formaggi, ostacolano invece il funzionamento dell’insulina poiché rendono più rigide le membrane cellulari (che sono fatte anche del grasso che mangiamo). Una membrana rigida deforma le molecole alle quali l’insulina si deve legare per permettere il passaggio degli zuccheri dal sangue all’interno della cellula. Il meccanismo di azione dell’insulina può essere paragonato a quello di una chiave che apre le porte per far entrare il glucosio nelle cellule. Questa azione può essere più o meno facile a seconda della composizione chimica delle membrane cellulari, che sono costituite prevalentemente di grassi. Se la dieta fornisce soprattutto grassi animali (tipicamente solidi, mentre i grassi vegetali sono liquidi) le membrane cellulari saranno più rigide e la chiave che apre le porte del glucosio avrà più difficoltà a girare. Questa condizione si chiama insulino resistenza, e porta ad una serie di conseguenze metaboliche, come l’aumento di insulina, del fattore di crescita IGF 1, di ormoni sessuali ed è condizione che precede lo sviluppo del diabete di tipo II. In che modo bisogna mangiare, quindi, per ridurre l’insulina? Dato che essa aumenta quando aumenta la glicemia, bisogna da un lato ridurre il consumo degli alimenti che hanno l’effetto di far aumentare rapidamente tale livello nel sangue, cioè ridurrei cibi ad alto IG, e, dall’altro, ridurre le fonti di grassi saturi. I cibi che si dovrebbero prediligere per uno stile di vita sano ed equilibrato invece sono:
-cereali non industrialmente raffinati (riso integrale,miglio, farro, orzo) poiché cedono glucosio più lentamente che non le farine raffinate;
-legumi, perché rallentano la velocità di assorbimento del glucosio, forniscono proteine di discreta qualità e tengono basso il colesterolo, le verdure di tutti i tipi, perché hanno basso carico glicemico e inoltre sono ricche di svariate sostanze utili e protettive contro il cancro;
-olio extravergine d’oliva e semi oleaginosi (noci, nocciole, mandorle, pistacchi,sesamo, girasole, zucca, lino ),ricchi di calcio e di grassi che favoriscono il buon funzionamento dell’insulina;
-pesce, perché ricco di acidi grassi della serie omega tre, con proprietà antinfiammatorie e antitumorali;
-la frutta fresca e secca, ricca di antiossidanti e composti fitochimici alleati della salute.
Puntando le scelte alimentari su questo genere di alimenti sarà c garantito non solo il senso di sazietà e il controllo del peso, ma anche un giusto livello di glicemia ed insulinemia, che è la chiave per la prevenzione dalla maggior parte delle patologie cronico degenerative che affliggono la nostra società. La regola di base è semplice: non vi sono cibi a cui dire no, tutto è concesso ma nelle giuste quantità, prediligendo però sempre alimenti di qualità e che siano il più possibile semplici e genuini.

Alessandra Stella