“Una riforma che non migliora il Paese”

CIVITAVECCHIA – Un sabato pomeriggio all’insegna del dibattito alla sala conferenze della Biblioteca Comunale civitavecchiese,  con il convegno organizzato dal locale Comitato per il “No” al Referendum Costituzionale che ha offerto numerosi spunti per opporsi alla riforma varata dal Governo Renzi. A moderare l’incontro il giornalista Marco Galice, affiancato dai due relatori: il coordinatore cittadino del Comitato per il No, Maurizio Puppi, ed il Vicepresidente nazionale del Comitato medesimo, Alfiero Grandi, ex sindacalista, sottosegretario alla funzione pubblica nei governi D’Alema e Prodi, poi parlamentare Ds e promotore di altri importanti referendum come quello contro il nucleare e a sostegno dell’acqua pubblica.

 “È un tema che sarebbe dovuto essere conosciuto, ma bon lo è”, ha esordito Grandi, riferendosi alle modifiche costituzionali che saremo chiamati ad approvare il prossimo ottobre. Modifiche “che puntano all’accentramento del potere nelle mani del governo, un accentramento progressivo che sarà reso possibile anche dalla legge Italicum”, strettamente collegata a quello che il Comitato definisce “Scempio della Costituzione”. “Tra legge elettorale e modifiche costituzionali c’è un rapporto strettissimo” ha infatti affermato Alfiero Grandi. “Qualcuno continua a dire che sono due cose diverse, ma non è vero, sono due anelli della stessa catena. Solo con il ‘no’ al referendum sulle modifiche costituzionali si bloccherà anche la legge elettorale”.

Il Comitato per il “no” sta portando avanti anche una raccolta firme che punta alla modifica della legge elettorale. “L’Italicum è una legge simile al cosiddetto Porcellum” ha spiegato Grandi. “Una legge con cui abbiamo eletto ben tre parlamenti e che però è stata condannata della Corte Costituzionale. La nuova legge elettorale propone nuovamente un premio di maggioranza enorme e un gran numero di deputati scelti dal capo del partito. In questo modo almeno 2/3 della camera verrebbe nominato con la stessa modalità del Porcellum”.
Grandi ha fatto quindi notare come questa legge elettorale valga solo per la Camera, dato che, secondo le modifiche costituzionali del referendum, il senato non si eleggerebbe più: ecco dimostrato come le due cose siano strettamente legate. Il Senato non sarebbe più un organo elettivo e il numero dei senatori sarebbe ridotto a cento membri, fra cui ventuno sindaci e alcuni consiglieri regionali. “Ma io spero che continuino anche a fare i sindaci e i consiglieri regionali!”, ha detto l’ex parlamentare, cosa che ci fa chiedere quanto tempo possano dedicare mai al Senato delle persone che devono occuparsi di importanti città o intere regioni. “Quattro o cinque giorni al mese, si è lasciata sfuggire il ministro Boschi. Un lasso di tempo in cui un senatore non si capisce cosa sarebbe in grado di produrre, se non limitarsi ad alzare la mano”.

“Inoltre con le nuove modalità arriveremo ad un iter legislativo infinito e confuso, oltre ad un accentramento del potere enorme”. Non sarebbe, per esempio, più possibile che le regioni possano chiedere un referendum, così come è avvenuto per quello sulle trivelle, perché se il governo stabilirà che una questione è di interesse nazionale, se ne occuperebbe il governo stesso.
“Una costituzione deve essere chiara, composta da grandi leggi, e la modifica costituzionale è invece contraddittoria e confusa. Perché dovremmo considerarla un passo avanti? Queste modifiche costituzionali peggiorano la situazione, danno al governo un potere che non dovrebbe avere. In questo testo si dice addirittura che i diritti della minoranza parlamentare saranno decisi dalla maggioranza”, ha continuato Grandi. Una cosa che sembra assurda, eppure è stata pensata dai nostri politici. “Se la riforma non passa di certo non sarà il caos, come dicono alcuni. Chi ha scritto la nostra costituzione veniva da una dittatura, sapevano cosa servisse allo stato e ha immaginato una costituzione che ascoltasse i cittadini”, ha concluso Grandi.

Lorenzo Piroli