La diversità è negli occhi di chi guarda

Sconcerto. Indignazione. Paura. Sono alcune delle emozioni che hanno scatenato la bufera , prima sui social e poi sui principali quotidiani locali e nazionali ,in relazione ad un cartello contro i disabili affisso su un ristorante a Livorno come replica a un esposto riguardante le pedane esterne. Il nome del locale è “Stuzzicheria di Mare” e il messaggio è il seguente: «Secondo alcuni mo…idi autoctoni (che hanno pensato bene di fare un esposto), noi della Stuzzicheria di Mare avremmo fatto costruire una pedana di tale fatta, senza avere preventivamente regolare permesso dal Comune di Livorno (e sicuramente non gratuito). Ora il rammarico che noi abbiamo è questo: purtroppo circa 50-60 anni fa la scienza medica non aveva ancora inventato il Tri Test e l’amniocentesi, altrimenti avremmo volentieri consigliato ai genitori di cui sopra di farla bene e magari ripetere l’esame, e poi visti i miserevoli risultati non farne proprio di nulla».  C’è gran poco da dire sul messaggio se non: osceno, di una violenza inaudita, espressione di una pochezza umana allarmante. Il termine mongoloide usato in modo dispregiativo e il riferimento alla diagnosi prenatale e interruzione di gravidanza sono espressione del totale disprezzo verso la “disabilità”, la vita. Tutto questo fa veramente paura. Perché al di là del boicottare il locale, chiederne la chiusura, sperare che i proprietari decidano di trasferirsi sulla Luna, la domande che viene spontanea è: Quando siamo diventati così? Quando abbiamo varcato il limite tra umanità e schifo senza accorgersene? Un messaggio che non può essere frutto di un momento di rabbia. Mi dispiace ma non è credibile. Chi scrive una cosa del genere è perché lo pensa veramente al netto di eventuali scuse successive più o meno formali. Possiamo batterci per i diritti dei disabili, degli omosessuali, dei neri o di chiunque sia, ma se non impariamo ad educare noi stessi, se non riscopriamo l’umanità come sentimento, non capiremo che la diversità è solo negli occhi di chi guarda. Perché i ragazzi con sindrome down, chiamati in causa dal messaggio osceno, non sono diversi, non sono ragazzi speciali, siamo noi che gli trasmettiamo la percezione della diversità. Il loro mondo è esattamente il nostro mondo, fatto di sentimenti, giornate storte e con famiglie che lottano per i loro diritti. Cosa è che definisce la diversità? Fisica, religiosa, di razza, di sesso non importa. Abbandoniamo l’idea di un modello perfetto e socialmente accettato perché non esiste, è solo una gabbia costruita per allungare le catene della nostra schiavitù mentale. Gli schemi precostituiti a cui ci adeguiamo sono comodi ma privi di possibilità di scelta. Così piano piano ci atrofizziamo sulla massa anche quando spesso quella massa fa paura. Riabilitiamoci all’umanità.

Roberta Piroli