“Cervelli in fuga”. “Civitavecchia ha quello che si merita”

CIVITAVECCHIA – Per la rubrica “Cervelli in fuga” la redazione di Centumcellae News ha intervistato Edoardo Pirozzi, giovane talento civitavecchiese che da qualche anno si è trasferito in Germania. Nelle sue parole la convinzione di aver fatto la scelta giusta nonostante i sacrifici e la grande abnegazione che occorre per essere in linea con gli standard tedeschi. Edoardo non nasconde il disagio e alcune brutte esperienze che ha vissuto a Civitavecchia.

Edoardo, tu rappresenti un’eccellenza nella musica. Sei un giovane orchestrale. Perché hai dovuto lasciare Civitavecchia e l’Italia per riuscire ad essere valorizzato?

“La Germania raccoglie ora i frutti di scelte politiche antiche, quando nel dopoguerra si decise, sia all´ést che all’ovest, di investire in cultura e aprire ovunque decine e decine di orchestre. L´Italia invece, nonostante il piú grande patrimonio culturale del mondo e in particolare per quanto riguarda la musica, paga scelte sbagliate, scelte votate al risparmio, che hanno nel tempo affossato il settore e de facto ‘estinto’ il grande pubblico. La differenza tra i due paesi, secondo me, sta appunto nel pubblico: in Italia, quando dico di suonare il corno, il 90% degli interlocutori non ha idea di cosa io stia parlando e il 10% pensa non possa essere altro che un hobby. In Europa invece, tantissimi hanno l´abitudine di andare regolarmente ai concerti e all´opera, e nel tempo si è creato un pubblico attento e soprattutto esigente, capace anche di criticare, se necessario. Nel panorama locale la riprova dell´assenza del pubblico la abbiamo leggendo i giornali: non esistono critiche, ogni concerto è un successo assoluto”.

Da quanto tempo sei in Germania e com’è stato il tuo percorso di inserimento nella società tedesca?

“Feci l´esame di ammissione all´Hochschule für Musik di Detmold nel 2009. Mi assegnarono subito un appartamento in studentato e dopo un mese, dopo aver suonato davanti ad una commissione, mi fu data una borsa di studio mensile. Contemporaneamente vinsi la mia audizione nella Detmolder Kammerorchester, orchestra con cui collaboro tuttora. È una professione molto selettiva, si è continuamente esaminati e selezionati, l´inserimento nel mondo del lavoro è possibile solo se si hanno veramente le capacità. Di ragazzi tornati indietro dopo un semestre di Erasmus ne ho visti molti, purtroppo”.

La famiglia, gli affetti, capita che la nostalgia prenda il sopravvento. Il gioco vale la candela?

“Monaco-Roma è un volo della durata di un´ora e mezza e si possono trovare voli anche per 20 euro… e con la macchina impiego meno di nove ore. Lavoro abbastanza regolarmente in Italia e non ho problemi a viaggiare anche per pochi giorni. L´immagine del migrante sul bastimento con la valigia di cartone non è più attuale: viviamo in un´Europa unita ed io sono solo uno dei tanti professionisti che si sposta frequentemente in più paesi per lavorare”.

Raccontaci una tua giornata tipo.

“Tra lavoro a Norimberga e studio a Salisburgo la giornata tipo non esiste, ogni giorno è diverso dall´altro. L´unica costante nella vita di un musicista è il tempo dedicato allo studio”.

E il tempo libero?

“Tempo libero? Ad averne, nel tempo libero si studia con calma”.

Quali, a tuo giudizio, le differenze tra le politiche di inserimento al lavoro dei giovani in Italia e in Germania?

“Ricordo un musicante del comprensorio che, quando gli chiesi se potevo insegnare in una ‘scuola di musica’ locale. mi rispose testuali parole: ‘Beh… pe fa fá le pallettone (la nota semibreve, intende l´insegnamento del solfeggio) alle fiarelle, nun me serve n´fenomeno, piuttosto ce metto l´amichi mia’. In Europa si hanno, anche nel privato, regole chiare di inserimento e qualsiasi posto viene assegnato tramite un concorso trasparente, senza la necessita di essere figlio o amico di qualcuno”.

La Germania è un paese forte e in movimento, l’Italia annaspa nella recessione economica. La percepisci questa cosa, nella quotidianità?

“Potrei fare molti piccoli esempi, ma la grande differenza che noto nel mio settore sta nella capacità di investire, che in Europa si ha ancora, mentre da noi la parola d´ordine è sempre ‘risparmio’ e nella musica, purtroppo, risparmiando non si ottiene nulla. Questa situazione va bene, forse, per gli amatori che offrono spettacoli a costo zero, ma che rimangono, appunto, a livello amatoriale e non partecipano alla crescita culturale, ma al contrario, ad una regressione ancora maggiore dei gusti del pubblico”.

Hai in mente di tornare, prima o poi?

“Ho già provato, nel 2012. Dopo il Bachelor a Detmold provai a tornare a Civitavecchia. Fu un brutto periodo: dei musicanti locali, temendo la mia concorrenza, fecero di tutto per isolarmi, arrivando fino agli account falsi su facebook e alle minacce. Non ero sereno e decisi di ritornare in Germania. Fui preso al primo esame d´ammissione per master che feci, a Norimberga, la città in cui volevo andare. Ridiedi la disponibilità alla mia vecchia orchestra a Detmold e fui subito richiamato a collaborare. All´epoca non denunciai nessuno e feci bene: quello che ho fatto io in questi tre anni e quello che hanno concluso loro è sotto gli occhi di tutti, e non c´è bisogno di infierire. C´ho messo un po’, ma alla fine ho capito che non ci si può fare nulla, Civitavecchia ha semplicemente quello che merita”.

Ismaele De Crescenzo