Giovani talenti. La passione per i costumi di Simone Luciani

CIVITAVECCHIA – Torniamo a parlare di talenti locali, stavolta con Simone Luciani, costumista della Sartoria Teatrale Blue in the Face. Nella sartoria del teatro, piccola, ma ricca di tesori nascosti, inizia il nostro incontro.

Come è cominciato tutto?

“E’ cominciato tutto per caso! Da piccolo non mi aveva mai sfiorato l’idea di poter fare il costume designer né tantomeno il sarto. Poi a quindici anni ho cominciato a seguire un corso di recitazione presso il Teatro Nuovo Sala Gassman; notai subito che il magazzino dei costumi era pressoché abbandonato, senza nessuno che se ne prendesse cura. E lì mi è scattata un’idea in testa! Mi ci vollero quasi due mesi prima di trovare il coraggio di chiedere al Direttore Artistico del teatro, Enrico Maria Falconi, la possibilità di potermi occupare di quel reparto; la mattina dopo mi ero lanciato a capofitto in quel mare di costumi e da allora non ne sono più uscito!

Come hai imparato?

“All’inizio era un continuo sperimentare. Passavo i pomeriggi a cercare di capire come si assemblasse un abito, quali tecniche adoperare per concretizzare quello che avevo in testa. Non sapevo nulla di sartoria, a malapena riuscivo a inserire il filo nell’ago senza pungermi. Ma mentre io cercavo di capire questi meccanismi cosi complicati la compagnia del Sala Gassman, la Blue in the face, di cui ora faccio parte, si dava da fare, sfornando continuamente nuovi spettacoli. E allora ecco che mi ritrovavo ad arrangiare i costumi di un Macbeth con le giacche e i cappotti che avevo a disposizione, dandogli un taglio moderno, o a vestire attrici in spettacoli di poesia con grandi teli di plastica drappeggiati a mo’ di mantello. E più facevo più miglioravo. Col tempo mi sono fatto comprare la prima macchina da cucire, frequentato corsi di modellistica, provato e riprovato. Si può dire che ho imparato facendo.

Quindi hai imparato tutto da solo?

“Come ho detto prima, la maggior parte delle cose che so è dovuta a una sperimentazione continua, a un continuo provare. Dopo un solo anno nella Blue in the Face avevo ‘costumato’ cinque spettacoli. Ora di anni ne sono passati sei e gli spettacoli sono diventati quasi una cinquantina. Capisci che questo in termini di esperienza pesa molto. Poi frequentando assiduamente un teatro ho imparato a rubare con gli occhi: osservavo i costumi delle compagnie esterne presenti in cartellone; tutte le settimane avevo un nuovo esempio, nuove persone, nuovi addetti ai lavori con cui confrontarmi e a cui porre domande. E questo mi è bastato per un paio d’anni, finché non ho sentito la necessità di cominciare a studiare sul serio. Ho studiato per un periodo con lo stilista romano Marco Calandra, e poi ho iniziato un corso di sartoria teatrale con Teresa Venuto Riccardi. Da ottobre ho anche iniziato il corso di Culture e Tecnologie della Moda presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma, ma non ho mai smesso né di sperimentare, né di rubare con gli occhi: credo sia fondamentale per una professione simile. Per fare teatro bisogna vedere teatro, cosi come per ideare un costume nuovo e accattivante bisogna averne osservati altri cento. Non c’è nulla di giusto o sbagliato in questo lavoro: c’è solo la meraviglia di stupire con qualcosa di tuo, qualcosa che riassume e descrive in pieno il tuo percorso artistico.

Quali lavori ti hanno fatto crescere maggiormente?

“E’ difficile selezionarne solo alcuni, perché in realtà ogni lavoro ti lascia dentro qualcosa che cambia profondamente il tuo modo di vedere le cose. La prima ‘grande produzione’ a cui ho lavorato è stata ‘Forza Venite Gente’, il musical di Michele Paulicelli. Facevo il Sarto di scena e i costumi erano firmati dalla costumista Graziella Pera, che ho poi ritrovato come mia insegnante di fashion design alle Belle Arti. Da lì in poi è stato tutto un divenire. I lavori che mi hanno messo di più alla prova sono stati sicuramente il ‘Cyrano al Mio amore’ di Enrico Maria Falconi, con Manuela Zero, che è andato in scena all’AmbraGarbatella di Roma, per il quale ho ottenuto un’ottima critica da parte del pubblico romano e da diverse testate giornalistiche. Poi il ‘Don Bosco il musical’ di Marcello Cirillo in scena all’Auditorium della Conciliazione lo scorso Maggio, e anche ‘Ungra in 3D’ spettacolo innovativo che porta sul palcoscenico tecniche cinematografiche. Questi lavori mi hanno segnato molto, indubbiamente, anche perché ho potuto confrontarmi con un pubblico differente da quello civitavecchiese, facendo uscire la testa dal guscio e mettendomi in gioco con grandi professionisti del palcoscenico.

A cosa stai lavorando ora? E per il futuro?

“Al momento sono attivo su tantissimi fronti! Noi della Blue in the face detestiamo starcene con le mani in mano: la settimana scorsa abbiamo debuttato con lo spettacolo ‘Volevo essere Walt Disney’’ con la regia di Manolo Casalino e ovviamente con i costumi firmati da me. Questa settimana mi vedo coinvolto in uno spettacolo per bambini, una rivisitazione del Libro della Giungla a cui partecipo come interprete, regista e costumista. E per il 2016 di progetti ce ne sono tanti. Oltre ai costumi per le nostre produzioni interne e alle parti da studiare, sto scrivendo un nuovo copione e valutando anche una possibile sfilata di costumi teatrali in estate, chissà..!

Quindi non ti occupi solo di costumi?

“No, il mondo del teatro ti chiede di essere poliedrico. Nonostante mi stia specializzando sempre di più su quello che riguarda il costume teatrale non ho mai smesso di studiare parallelamente regia, sceneggiatura e recitazione. Soltanto il mese scorso ho debuttato con la mia seconda regia, ’Mio Padre Re Artù’ di cui ho curato anche la stesura. Sono convinto che serva avere una visione a 360° del prodotto teatrale per poter lavorare in maniera omogenea con tutti i settori e cogliere quelle sfumature che altrimenti lasceresti al caso.