“Il proibizionismo non è la soluzione alla droga”

CIVITAVECCHIA – L’On. Marietta Tidei ha partecipato ieri alla presentazione del libro “Drogas prohibición o legalización” dell’ex presidente della Repubblica Colombiana Ernesto Samper, venuto in Italia per presentare il suo lavoro presso l’IILA.
“E’ un libro che ho trovato di estremo interesse – ha dichiarato l’on. Tidei – non solo perché tocca un tema di assoluta attualità ed estremamente complesso, ma lo fa con coraggio e competenza, invitando a riflessioni scevre da ogni moralismo ed anzi con una certa dose di pragmatismo.”
Delicati ed importanti tutti i temi trattati nel libro del presidente Samper toccati nell’incontro.
“Il libro ha soprattutto confermato in me la convinzione – ha proseguito la deputata del Pd – che il proibizionismo non è l’arma per combattere né l’abuso né tanto meno il commercio illecito; ha ragione il Presidente Samper quando afferma che interessi politici e convinzioni morali hanno influito sul giudizio relativo alla diversa gravità o pesantezza delle diverse sostanze assai di più che considerazioni scientifiche o mediche, si pensi ad esempio all’alcool o al tabacco che ogni anno mietono molte più vittime che altre sostanze. Porsi la domanda se le droghe debbano essere illegali perché sono pericolose o sono pericolose perché illegali mi sembra il centro della questione. Il commercio di droga ad oggi foraggia le organizzazioni criminali di tutto il mondo: è attualmente l’autentico carburante delle mafie in ogni angolo del pianeta, con conseguenze spaventose, per citare uno dei casi più eclatanti, in Messico il commercio di cocaina vale più di 100.000 morti assassinati negli ultimi 6 anni. Il proibizionismo inoltre criminalizza il semplice consumatore, crea un deterrente ad ogni opportunità di recupero, e non solo, genera di riflesso anche un aumento della mortalità, legata al fatto che la droga clandestina non è controllata. Non voler affrontare il problema del consumo di droghe, se non come un problema di repressione, ha dunque ricadute e costi che nessun Paese può sostenere: i tribunali si riempiono di cause e la popolazione carceraria aumenta, mentre le organizzazioni criminali continuano a guadagnare mercati e fiumi di denaro. Trovo ad esempio senza senso il fatto che ancora si continui a criminalizzare l’uso della marijuana. Se si smettesse di fare questo si libererebbero numerose risorse da impiegare nella lotta a droghe più dannose e soprattutto alla prevenzione e all’assistenza medica”.
L’On. Ha, infine, toccato anche il tema dal punto di vista italiano: “In Italia vige una legge come la Fini- Giovanardi, che introdusse la tabella unica delle sostanze e quindi la parificazione delle pene per tutte le droghe, leggere e pesanti, con la previsione di pesanti sanzioni (da sei a venti anni di carcere) per la detenzione illecita e l’aggravamento delle sanzioni amministrative per l’uso personale, a sei anni dalla sua approvazione non ha sortito alcuno degli effetti sperati dal legislatore. Se l’obiettivo era il contenimento dei comportamenti connessi alle droghe illegali attraverso l’inasprimento punitivo, questo non è stato, basti pensare che solo per la violazione dell’art. 73 D.P.R. 309/1990, ogni anno fa ingresso in carcere 1 detenuto su 3, mentre vi legano la loro presenza 4 detenuti su 10. Per dare un’idea dell’enorme contributo della legge sugli stupefacenti all’affollamento carcerario pensate che al 17 novembre 2011 erano 28.636 i detenuti imputati presenti in carcere: di questi, ben 11.380 erano imputati in violazione alla legge stupefacenti. Alla stessa data, i detenuti condannati erano 37.750: di questi, 14.590 per violazione della legge sugli stupefacenti. Si deve inoltre alla legge antidroga la presenza di circa un terzo dei detenuti in attesa di giudizio, e di quasi il 40% dei ristretti già condannati. Ovviamente non solo l’effetto del proibizionismo non è stato deterrente sul consumo, ma ha lasciato alle mafie l’esclusiva di un mercato ricchissimo, con la conseguenza di una inefficacia sostanziale del nostro sistema giudiziario. In un mercato stimato in almeno 15 miliardi all’anno è impensabile che, messo da parte uno spacciatore, non se ne crei immediatamente un altro. Se non si rimuovono le cause alla radice del problema esso non si sradicherà mai. Anzi, misure inadeguate come la Fini–Giovanardi lo possono peggiorare. Occorrerebbe invece iniziare a ripensare completamente il nostro approccio, prendendo atto dell’inadeguatezza della nostra legislazione in materia e della gravità della situazione. Da un lato dunque – conclude l’On. Tidei – considerare il mercato della droga un luogo dove ingaggiare una battaglia forse decisiva con le narcomafie, anche adottando strumenti forti come la legalizzazione delle droghe leggere, e facendo emergere dall’ombra la produzione ed il consumo riuscire davvero a regolamentarlo e forse a diminuirlo.”