Aps e Utim presentano ricorso contro il nuovo ISEE

ROMA – L’Associazione promozione sociale (Aps) e l’Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva (Utim), facenti parte del Csa – Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base, hanno presentato, tramite l’Avvocato Mario Motta di Torino, ricorso al Tar del Lazio contro il nuovo Isee sollevando questioni di legittimità costituzionale in merito all’articolo 5 del decreto legge 201/2011 convertito con la legge 214/2011, poiché essa delega alla Presidenza del Consiglio l’emanazione di un regolamento che disciplini l’Isee senza stabilire norme generali regolatrici della materia o comunque principi e criteri direttivi sufficientemente dettagliati, fornendo una sorta di “delega in bianco” alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (e quindi neppure al Governo nella sua interezza) per disciplinare un materia riservata, in base alla lettera m) 2° comma dell’articolo 117 della Costituzione, alla competenza esclusiva del legislatore statale.

Il Dpcm 159/2013, secondo il ricorso delle associazioni, è poi illegittimo in quanto è stato pubblicato soltanto il 24 gennaio 2014, al di là dei termini perentori fissati dall’articolo 5 del decreto legge 201/2011 che prevedeva la sua emanazione entro il 31 maggio 2012. Il nuovo Isee viola, si legge nel ricorso, anche l’articolo 23 della Costituzione che sancisce che «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge» e non certo attraverso un regolamento amministrativo che non ha valore di legge, com’è nel caso del nuovo indicatore della situazione economica equivalente. I ricorrenti evidenziano nel ricorso come la valutazione della situazione economica dovrebbe tenere conto della situazione del solo richiedente le prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria domiciliari, semi-residenziali e residenziali. Il nuovo Isee prevede negativamente invece che venga tenuto conto della situazione economica dell’intero nucleo familiare del richiedente: si tratta di persone colpite da patologie e/o da handicap gravemente invalidanti che causano la non autosufficienza, quindi soggetti che necessitano di interventi sanitari e socio-sanitari e non di pura badanza e assistenza. In merito, le associazioni sostengono che il nuovo Isee viola gli articoli 32 e 38 della Costituzione, che stabiliscono che sia lo Stato a dover assicurare la tutela della salute e l’assistenza ai privi di mezzi e non i parenti. Le prescrizioni del nuovo Isee in merito alla considerazione del nucleo familiare del richiedente le prestazioni socio-sanitarie e non del singolo assistito, è in contrasto con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, stipulata a New York nel 2006 e ratificata dall’Italia con la legge 18/2009, che sanciscono i principi dell’autonomia e dell’indipendenza individuali del disabile, in modo che egli non sia costretto a chiedere aiuto alla famiglia di appartenenza.

Altro nodo critico contestato dalle associazioni al Tar, è quello che riguarda l’indennità di accompagnamento, considerata dall’Isee come reddito, invece che, com’è in realtà e come è definito dalla legge 18/1980, somma finalizzata a fornire al soggetto disabile le risorse occorrenti (ampiamente sottostimate nel caso dei disabili gravi non autosufficienti) per sostenere le maggiori spese che deve affrontare, in ragione delle proprie menomazioni, rispetto alle persone che ne sono prive. Nei confronti degli anziani malati cronici non autosufficienti e delle persone colpite da demenza senile (persone che non solo sono malate, ma anche disabili) ricoverate in strutture residenziali il regolamento impugnato prevede anche misure discriminatorie: nel computo dell’Isee di questi malati viene considerato non solo l’intero nucleo familiare, ma anche una quota dei redditi dei figli non inclusi nel nucleo familiare, maggiorenni, non conviventi o residenti all’estero. Ma l’istituzione della componente aggiuntiva relativa ai figli non conviventi e non inseriti nel nucleo familiare non si applica paradossalmente «quando risulti accertata in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorità competente in materia di servizi sociali la estraneità del figlio in termini di rapporti affettivi ed economici». Il che rappresenta un immotivato premio, con un totale “sconto” sull’Isee, per i figli che abbandonano i genitori, mentre è una vessazione per quelli che non si disinteressano di loro.

Sempre in materia di rapporti familiari, l’Isee dovrebbe considerare, e non lo fa, che le persone sopra citate sono tenute alla quota di mantenimento nei confronti del coniuge, dei figli e degli altri discendenti che siano sprovvisti di risorse proprie e che tale quota dovrebbe essere sottratta al computo dell’Isee prima di determinare la situazione economica di colui che richiede le prestazioni e del suo nucleo familiare. L’Isee, infine, non prevede alcun adeguamento del valore delle franchigie al costo della vita secondo le rivalutazioni Istat e assegna alla casa d’abitazione un valore abnorme (valutato sul valore catastale ai fini Imu che è il 60% in più del vecchio valore Ici) considerandolo come “reddito disponibile”, il che potrà determinare situazioni in cui al soggetto anziano malato cronico o disabile non autosufficiente vengano richieste somme per il pagamento delle prestazioni di cui lui di fatto non dispone.