“Old Town Sound”. “Gli imbucati alla festa”, quando la cover è d’autore

CIVITAVECCHIA – Le cover band non sono tutte uguali: vi sono quelle che si limitano alla sterile riproduzione di brani più o meno noti e quelle che non possono fare a meno di metterci del loro, dando così vita ad un suono distinto e riconoscibile, seppur plasmato su creazioni di altri artisti. È questo il caso de “Gli imbucati alla festa” (Paolo Meloni voce e chitarra, Alfredo De Angelis chitarra, Max Carola basso, Riccardo Pasquarella tastiere, Matteo Agozzino batteria), una cover band civitavecchiese che si rifà a tre artisti molto noti del panorama musicale italiano quali Gazzè, Fabi e Silvestri. Vuoi per l’originalità del progetto, vuoi per la loro capacità di distaccarsi da arrangiamenti banali e già sentiti, “Gli imbucati alla festa” sono una band che, nonostante la sua giovane storia, sul territorio è già piuttosto apprezzata. Conosciamoli meglio in questa nuova puntata di “Old Towsn Sound”.

Cominciamo dall’inizio: come vi siete assemblati?

“L’idea è partita dal nostro batterista che ha sempre apprezzato tutti e tre gli artisti in questione e, confidando nella novità del progetto nella scena musicale locale, ci ha chiamati per mettere su il gruppo. L’idea è nata anche grazie alla collaborazione che Fabi, Gazzè e Silvestri hanno instaurato sia durante i loro tour, sia nella pubblicazione di un album nato proprio dal contributo di tutti e tre gli artisti insieme. Tutto questo è successo circa un anno fa e dobbiamo dire che con pochi mesi di prove siamo riusciti a preparare un repertorio decisamente fruibile per le serate, tanto che ne abbiamo fatte già una ventina in un anno di attività”.

Cosa vi piace e vi ispira di questi artisti?

“Ci piace che siano decisamente apprezzabili e raffinati dal punto dii vista autoriale: nonostante il riconoscimento ‘popular’ che ormai hanno ottenuto, riescono comunque a produrre brani di qualità senza perdersi nella commercialità dei prodotti da casa discografica. Sono anche tra i più attivi nella scena italiana, sia insieme sia separatamente e anche dal vivo riescono a rendere molto bene la qualità del loro lavoro”.

Siete cinque e tutti portate avanti altri progetti oltre a questo; immagino che proveniate da background musicali piuttosto diversi, come vi siete trovati a suonare questo genere?

“In realtà bene, perché tutti conoscevamo già le loro canzoni, chi più chi meno; sicuramente suonandoli ci siamo accorti di tanti particolari che sfuggono anche all’ascolto più appassionato. Metterci a preparare i loro brani ci ha dato l’occasione per studiarli più da vicino e comprendere meglio il loro modo di fare musica”.

E qual è il vostro? Quanto siete fedeli al brano originale e quanto le contaminazioni personali incidono invece sulla realizzazione del pezzo?

“Noi ci mettiamo molto del nostro: sicuramente ci atteniamo alla struttura della canzone e al genere che rispecchia, ma alla fine la facciamo come piace a noi. Anche perché sarebbe impossibile e pretestuoso credere di poter riprodurre, ad esempio, tre diverse chitarre o tutti gli strumenti di cui si avvalgono loro per ogni brano. Ci piace, poi, sapere di poter dare il nostro contributo ed è così che in sala prove spesso a qualcuno viene un’idea, la propone e proviamo a metterla in atto anche se non è presente nel pezzo originale. Crediamo che col tempo, anche imparando a conoscerci musicalmente, abbiamo acquisito un nostro sound, vero e caratteristico, e ci piace che emerga quando eseguiamo il repertorio”.

Che feedback avete dal pubblico?

“Diciamo che essendo la maggior parte dei brani pezzi molto radiofonici il pubblico risponde sempre positivamente dal punto di vista della partecipazione: canta, si emoziona e si dimostra sempre piuttosto coinvolto”.

Avete mai pensato di fare degli inediti, proprio grazie al sound originale e riconoscibile che avete raggiunto?

“Ci abbiamo pensato ma non ci abbiamo ancora provato. Per creare pezzi nuovi ci vogliono tempo e dedizione e soprattutto bisogna chiudersi in sala prove, cosa che non incontra il nostro interesse dal momento che quello che vogliamo tutti ottenere da questo progetto è suonare il più possibile. Sicuramente le premesse ci sono, così come un sound identificativo da cui partire, però per il momento ci troviamo su un percorso diverso da quello della scrittura, anche se non intendiamo escluderlo del tutto”.

Quindi siete piuttosto lungimiranti per quanto riguarda la divulgazione del progetto.

“Sì assolutamente. Non vogliamo chiuderci in piccoli pub a fare serate tanto per farle. Suonare in zona è un aspetto che ci sta molto a cuore, ma cerchiamo anche di scegliere dei contesti che siano quanto più seri possibile e la maggior parte di essi la si trova lontano da Civitavecchia. Spesso capita che il locale ti chiami a suonare, ma non abbia neanche la minima strumentazione o l’ambiente offra un’acustica pessima; queste situazioni cerchiamo sempre di evitarle per preservare un minimo la qualità dell’esibizione e purtroppo a Civitavecchia sono molto frequenti. È chiaro che suonare ci fa sempre bene e anche trovarci in contesti spiacevoli come questi è tutta esperienza, però preferiamo trovarci in ambienti che si dimostrino un po’ più seri e professionali dal punto di vista dell’organizzazione”.

Che idea avete della scena musicale locale?

“Se per ‘scena musicale’ si intendono gli artisti del posto, sicuramente quella è molto presente. Se invece si intende l’iniziativa nell’organizzazione di eventi, quella è del tutto assente. Non solo dal punto di vista istituzionale, anche tra coloro che suonano, che sono veramente tanti per una città come la nostra, non c’è questa volontà di fare squadra, anzi, è persino tangibile una velata competizione tra gruppi o singoli artisti. Con queste premesse è difficile mettere su degli eventi o dei contesti buoni per suonare e fare musica, perché rimangono solo le cornici dei singoli locali e molti hanno l’esclusivo interesse di ‘portare gente’ senza preoccuparsi dell’aspetto musicale. Per quanto l’ambiente sia pieno di buone promesse, poter creare occasioni interessanti richiede impegno e forza di volontà, un aspetto che manca molto al momento; a volte il talento non basta”.

Giordana Neri