S. Marinella. “La scuola è soprattutto luogo di accoglienza”

SANTA MARINELLA – “Accogliere: è questa la parola, l’idea che voglio comunicare oggi”: è con questo importante proposito che la preside dell’Istituto Comprensivo “Piazzale della Gioventù 1” di Santa Marinella, Velia Ceccarelli, ha introdotto l’evento conclusivo e celebrativo dello scambio interculturale che questa scuola ospita ormai da parecchi anni, tenutosi lo scorso mercoledì pomeriggio presso lo stesso istituto.
“Noi vogliamo aprire la scuola sempre di più – ha continuato la dirigente scolastica – soprattutto a chi ci crede davvero. La nostra in particolare vorrei che si caratterizzasse come un luogo accogliente, vissuto come un posto dove ognuno possa portare qualcosa di sé che vada a formare una grande comunità, un’unità coesa e forte. Anche quest’anno abbiamo ospitato con molto piacere i nostri amici olandesi, nonostante trovi che forse ‘ospitare’ non sia la parola adatta, dal momento che ormai siamo praticamente una famiglia. Trovo che questa integrazione sia fortemente benefica per tutti i ragazzi, ragazzi che amano stare insieme e condividere delle nuove esperienze superando i muri e le barriere che spesso ci costruiamo”.
L’entusiasmo dei ragazzi infatti non si è spento per tutta la durata dell’evento, costellato da esibizioni di canto, danze popolari, proiezioni di filmati girati dai ragazzi e interventi di coloro che hanno contribuito ad organizzare l’intero scambio interculturale, come la professoressa Rita Tufoni, che ha mostrato con orgoglio l’ottima riuscita dell’iniziativa.
“Quest’anno inoltre – dichiara la docente – lo scambio è stato arricchito da un importante progetto promosso dal MIUR chiamato ‘Educhange’ a cui abbiamo aderito: a seguito della proposta inviataci dal ministero infatti, ci siamo messi in rete per essere abbinati ad una università tra quelle italiane, nel nostro caso Roma Tre, e ricevere la collaborazione degli studenti-tutor che avrebbero lavorato con i ragazzi al fine di sensibilizzare i giovani e responsabilizzarli nei confronti delle problematiche più rilevanti che attualmente il mondo conosce. Il progetto inoltre prevedeva la visita da parte di due studenti stranieri formati per svolgere delle attività con i nostri alunni; noi abbiamo ospitato due studentesse molto preparate, una originaria dell’Ucraina e una della Malesia che durante il loro soggiorno hanno interagito con i nostri ragazzi permettendogli di conoscere nuove culture e prepararli al meglio all’incontro con gli studenti olandesi protagonisti dello scambio culturale”.

A questo proposito la dirigente scolastica ha accettato di condividere il suo parere con la nostra redazione, spiegando l’importanza che lo scambio interculturale reca con sé.

Trova che questa esperienza sia stata efficace e abbia rispettato le aspettative?

“Personalmente sono felicissima di come sia andata e dei risultati ottenuti: molti pregiudizi sono stati superati e non solo la scuola, ma tutta la comunità di Santa Marinella si è messa in gioco. Questo dimostra che quando si supera una barriera si scopre sempre qualcosa di nuovo e interessante, anche perché l’origine della paura del diverso sta proprio nell’ignoranza, che si supera con la partecipazione e la conoscenza reciproca”.

Secondo lei perché una simile iniziativa che generalmente interessa gli studenti delle superiori dovrebbe invece coinvolgere anche gli alunni delle scuole medie?

“Io trovo che certi ragazzi purtroppo avranno solo questa possibilità di svolgere esperienze qualificanti come questa. Nella scuola media i ragazzi sono ancora freschi, aperti e disposti ad accettare meglio di chi è già formato delle realtà diverse dalla propria. I pregiudizi e le paure cominciano proprio da quando si è piccoli e occorre sradicarli fin da subito, prima che diventino troppo radicati per poterli debellare”.

A suo parere sensibilizzare lo studio e la conoscenza della lingua inglese è importante per raggiungere questi obiettivi?

“Sicuramente si, non deve mai essere sottovalutato. Purtroppo ancora viene considerato un insegnamento collaterale, quando in realtà in una società così globalizzata la lingua serve per comunicare, ma anche per sentirsi uniti, capire le diverse mentalità e cogliere l’umanità dell’altro”.

Giordana Neri